Pasqua di austerity nel Senese: in calo le presenze negli agriturismi (-5%) e vendite agnelli (-15%)

Piazza del Campo

Nella lista dei “tagli” in questa Pasqua di austerity ci sono sicuramente le vacanze. Le famiglie hanno già deciso di limitare viaggi e spostamenti, e in questo sforzo al risparmio ci rimette anche l’agriturismo, con un calo delle prenotazioni (rispetto al 2012) in provincia di Siena di circa il 5%. Lo afferma la Cia Siena alla vigilia del weekend pasquale.

Le difficoltà economiche con la contrazione dei consumi familiari, ma anche il fattore meteo con il maltempo almeno fino a domenica, non aiutano le partenze. Infatti otto italiani su dieci trascorreranno la festività tra le mura domestiche e chi si metterà in viaggio, poi, lo farà nella maggior parte dei casi per raggiungere parenti e amici in località o regioni vicine. «La conseguenza per il turismo in campagna – commenta Luca Marcucci, presidente Cia Siena – è una riduzione netta delle prenotazioni, nonostante i prezzi invariati, con un calo dei pernottamenti in agriturismo del 5 per cento tendenziale».

La crisi dei consumi colpisce anche il mercato degli agnelli in provincia di Siena. Nel periodo prepasquale 2013 – sottolinea la Cia Siena – si è registrato un calo dei capi commercializzati del 15% rispetto allo stesso periodo dello scorso. Secondo i dati forniti da Atpz (Associazione toscana produttori zootecnici) infatti, l’associazione ha immesso nel mercato circa 2.600 agnelli, contro i circa 3.000 capi del 2012. «Fra le cause principali – commenta il direttore della Cia Siena Roberto Bartolini – sicuramente la crisi dei consumi (che per questa Pasqua si attesterà al -7%) e anche il calendario, visto che è una Pasqua  che cade a marzo, ed accorcia il periodo di vendite di una decina di giorni». Ed anche i prezzi pagati agli allevatori sono in ribasso del 10-15% rispetto allo scorso anno: un kg di agnello viene venduto dai 3,80 euro/kg a 4,40 €/kg.

Se a questo aggiungiamo che il rapporto del ricavato per i produttori fra agnello da carne o pecora da latte è di 1 a 5, ovvero si guadagna cinque volte di più ad allevare una pecora per poi produrre il formaggio pecorino, ecco che allevare ovini da latte proprio sembra non convenire più come in passato. Nelle province maggiormente vocate della Toscana (Siena e Grosseto), il 90 per cento dei capi è da latte (di razza sarda), mentre solo il 10 per cento è da carne (prevalenza di razza appenninica).