Il commento di Duccio Balestracci al masgalano

presentazione del drappellone

La donna dei masgalani torna a regalare a Siena una delle sue opere d’arte. Da quando, nel 1997, le fu commissionato il primo, Laura Brocchi ha fatto uscire dalla sua bottega una serie di opere tutte caratterizzate dall’originalità e tutte, al tempo stesso, legate dall’invisibile filo rosso del rispetto per la tradizione .

Chi ricorda il suo primo masgalano del 1997 (quell’ovale di gusto classico ma infarcito di stilemi moderni e originali) capisce che cosa vogliamo dire. Già alla sua prima prova, infatti, si ancorava solidamente alla forma dei masgalani più antichi, mentre l’invenzione, l’iconografia e la decorazione parlavano senza infingimenti di una giovane artista con una sua cifra ben precisa e riconoscibile; di un modo di fare del masgalano il manifesto, uno “stemma parlante” (per dirla con concetti dell’araldica) che subito, a prima vista, deve far riconoscere chi ha promosso la committenza e esplicitare quale messaggio si vuole veicolare.

Anche in questa occasione, Laura ha seguito quella che ormai è diventata la sua caratteristica. Infatti, chiunque guardi il masgalano che verrà assegnato alla fine di questa annata paliesca, noterà che ancora una volta viene rispettata la tradizione dato che Laura (con gusto da attenta filologa) ha forgiato l’opera non in argento puro, bensì in rame argentato, come era per i masgalani seicenteschi.

Ma il bacile (lavorato a sbalzo, come previsto per il masgalano)  è reinterpretato in maniera originale in forme rettangolari (come in quello  da lei realizzato nel 2007) che si ammorbidiscono sui lati (quasi un bacile dilatato e irregolare) fino a sfilacciarsi clamorosamente in un lembo che non è più parte di un oggetto inerte, ma svolazzo metallico di una stoffa o, più probabilmente, di una bandiera.

E questo particolare è la prima visiva citazione che Laura Brocchi ha voluto fare perché fosse immediatamente percepibile la committenza di quest’opera. Il Comitato permanente degli Economi di Contrada: quel consesso di donne e uomini che si dedicano per 365 giorni all’anno (366 negli anni bisestili) al mantenimento del patrimonio materiale della contrada, alla manutenzione delle monture, alla cura delle bandiere, dei tamburi, dei braccialetti. Quelle persone votate ai “lavori senza gloria” nella contrada; il cui impegno scivola inosservato ai più (quasi dato per scontato), ma che se venisse meno verrebbe meno un aspetto fondamentale della contrada stessa. Quello del decoro, dell’appropriatezza dell’immagine, della bellezza esteriore che è specchio e metafora dell’identità interiore di ciascuna delle diciassette consorelle.

Sono le persone – gli economi – per le quali la corsa del Palio finisce sempre “dopo”, rispetto agli altri contradaioli. Che, se vincono, difficilmente li troverete nelle fotografie e nei video a sbracciarsi e urlare sotto il drappellone che scende dal palco dei giudici, perché loro, anche se hanno vinto, prima di concedersi il lusso del giubilo, devono osservare la rigida consegna di risistemare le monture della comparsa. Sono le persone per le quali  il Palio termina sempre a sera tardi, perché – vittoriosi o no – ci sono le ceste, gli armadi con le monture, le armature, le bardature da riportare in contrada dal Comune. Gli altri sono a cantare, se hanno vinto, o a piangere e imprecare, se hanno perso. Loro sono a lavorare e le reazioni emotive, per loro, sono esternabili solo dopo.

E’ proprio questo aspetto che Laura Brocchi ha voluto evidenziare nell’iconografia che impreziosisce la sua opera. Lei ha ricordato questa che non esito a chiamare (e spero di non essere tacciato di enfasi) vocazione con il riferimento agli “oggetti della quotidianità” degli economi.

La parte “figurativa” del masgalano infatti è occupata, in alto, da un lembo di metallo che, quasi fosse stoffa,  presenta le impunture, attraversate da un ago, omaggio a chi cuce e ricama le bandiere e, non meno, a chi, in commissione economato, finito il Palio, finito il giro, finta l’Estate, si prende cura delle monture risistemandone i danni.

La parte centrale, poi, presenta l’immagine di un economo con, sullo sfondo, l’ingresso del Palazzo Pubblico che dà accesso a quella Sala delle Lupe in cui i diciassette economi fanno svestire la comparsa; dove si affrettano a risistemare monture e armature prima di affacciarsi trafelati, mentre già i cavalli vanno al canape, per concedersi un minuto appena da contradaioli comuni prima di ritornare a essere depositari e responsabili di velluti e sete preziose.

L’economo di Laura Brocchi porta in spalla un fascio di aste di bandiera mentre, con l’altra mano, regge un cerchio e una corda da tamburo.  Dalla sua cintura pende un  mazzo di chiavi: quasi metafora del lemma greco che ha generato il nome “economo”, “oikonòmos“, ovvero “amministratore e signore delle norme della casa”.

In alto, irradia la sua luce un braccialetto e dietro l’economo si affaccia un cavallo, ma, questa volta, non il destriero da guerra; non il barbero che è destinato a inseguire la gloria della vittoria nella corsa. Bensì, un cavallo che, con gli economi, condivide la dimensione del “lavoro senza gloria”: un soprallasso.  Un cavallo che nessuno, nella storia del Palio, ricorderà mai, ma che è parte fondamentale della comparsa e che richiede, per la bardatura, impegno e competenza da parte di chi – della commissione economato – deve sapere come muoversi, cosa fare e come farlo. Ancora una volta, come nel primo masgalano di Laura del ’97, l’uomo e il cavallo si muovono insieme in una simbiosi anche gestuale. Ma mentre l’opera del ’97 (commissionata dai Barbareschi) presentava un cavallo nella torsione del collo teso di irrequietezza, assecondato nel ritmo narrativo dalla corrispondente e contrappuntistica torsione dell’uomo che, con vigore ma senza violenza, lo controlla, il masgalano del 2013 presenta un cavallo nella mansueta postura del soprallasso che sembra seguire docilmente l’uomo, sia pure con un incedere pacato e fiero, quasi consapevole del ruolo che gli spetta nella composizione della comparsa.

Il masgalano di Laura, in realtà, è composto da due parti narrative distinte. Accanto a questa appena ricordata, infatti, una seconda parte (scandita in verticale)  ospita i simboli, per così dire, protocollari della città e delle istituzioni civili e paliesche. Ma le due parti, se vivono iconograficamente ciascuna la propria vita, sono comunque collegate da un raccordo significativo. Una sutura che l’artista ha escogitato con originale arguzia e, al tempo stesso, con logica consequenzialità. Perché le due parti sono unite da una scala a pioli. Quella compagna quotidiana della vita degli economi; quell’oggetto che rappresenta quasi un’appendice del loro corpo ogni volta che c’è da attaccare i braccialetti o da sistemare tutto l’apparato festivo effimero ospitato sui muri delle strade.

La scala ci ricorda il modo di scandire i piani narrativi già visto nel masgalano di Laura del 2007. Lì era l’asta del palio a separare due fotogrammi sovrapposti in cui due cavalli correvano in direzione opposta l’uno rispetto all’altro. Lì c’era un richiamo al momento tremendo della corsa e al momento culminante di quella mimesi della “guerra” che è il Palio. Qui, al contrario, un elemento antieroico, perfino goffo nella sua quotidianità quale può essere un’ingombrante (inevitabilmente preziosa) scala a pioli, crea la congiunzione non tanto fra due scene quanto fra due mondi. Quello della ufficialità, delle istituzioni; quello che tutti percepiscono, e l’altro mondo fatto del lavoro silenzioso e defatigante degli economi. Di quelle persone senza le quali la contrada e il Palio non potrebbero vivere. Perché accanto alla storia degli eroi c’è la storia di quelli che permettono agli eroi di essere tali, e senza i quali gli eroi non saprebbero come cavarsela. In fin dei conti, i cavalieri, senza i loro aiutanti di battaglia, non avrebbero saputo da che parte rifarsi nemmeno per mettersi l’armatura.

Non saprei dire se questo sia stato il masgalano più sentito da Laura Brocchi. Verosimilmente la mia curiosità è assolutamente stupida, perché un artista serio sente tutte le sue opere in maniera ugualmente profonda e motivata. Sia perché un artista serio ha rispetto per la committenza, sia perché ne ha per se stesso, per la sua arte, la sua professionalità.

Tuttavia credo che questo masgalano Laura lo abbia sentito in maniera particolare. Non maggiore, ma particolare sì. Del resto, lei stessa ammette che a questa commessa ci teneva particolarmente. Perché il masgalano è stato commissionato dagli Economi e Laura è figlia di economi; nipote di economi; sorella di economo. Lei, economa, non lo è mai stata, ammette. Ma aggiunge anche che quando ha pensato all’immagine del soprallasso ha anche rivissuto l’emozione che talvolta le è stata riservata di bardare il soprallasso della sua contrada. Anzi, di aver stabilito, con il soprallasso attualmente “in servizio” e perfino con qualcuno di quelli ormai “fuori ruolo”, un rapporto di affetto intenso, tanto da essere riconosciuta da uno di questi, ormai in pensione, quando, una volta, si era avvicinata al suo recinto.

La sua matrice familiare l’ha voluta sottolineare nel modo più commovente. Quando ha voluto inserire nell’opera un elemento iconografico che ricordasse visivamente i committenti, ha pensato alla medaglia che fu coniata in occasione del 25° anniversario della fondazione del Coordinamento Permanente degli Economi. Peccato che non le fosse possibile reperire da nessuna parte una copia di quel conio.

E allora Laura non ci ha pensato più di tanto e ha inserito nel masgalano la medaglia originale che era appartenuta alla sua mamma, Daniela Renoldi, grandissima contradaiola, economa della Selva.

Non so quanti altri avrebbero fatto una cosa del genere. Non so quanti altri avrebbero, con tanto disinteresse quanto con tanto amore per il Palio e la contrada, accettato di privarsi di un ricordo così caro. Laura l’ha fatto. Chi vincerà questo masgalano saprà che, oltre a mettere nel suo museo un’opera d’arte di raffinata bellezza, ci metterà anche un pezzo della memoria, degli affetti, dei ricordi di chi quest’opera ha realizzato.

Sarà un valore aggiunto non piccolo. Ma, d’altra parte, tutto si tiene, perché chi ha la mentalità dell’economo o, come nel caso di Laura, chi quella mentalità l’ha condivisa per una vita è abituato a “regalare” ogni giorno valore aggiunto. Alla sua contrada, al Palio, a Siena, al livello di civiltà che contrada e Palio creano per la nostra cultura. Un valore aggiunto grande, frutto della storia senza apparente gloria di questi personaggi fondamentali che Laura ha illustrato e giustamente portato alla ribalta che a loro, di diritto e con la riconoscenza di tutti noi, è dovuta.

 

Duccio Balestracci

26 giugno 2013