D’Onofrio: ‘L’ingerenza politica e l’inadeguatezza dei vertici sono stati i problemi di Banca Mps’

Pasquale D’Onofrio

«La politica che negli anni ha gestito le scelte di management della Banca oggi non può fare un passo indietro rispetto all’assunzione di responsabilità riguardo alla crisi feroce che, partendo dal Monte dei Paschi sta investendo ogni settore sociale ed economico cittadino. È innegabile che la crisi economica sia globale e provocata dal crollo finanziario dei paesi occidentali, ma questo non deve farci pensare che la crisi cittadina sia il solo riflesso di quello  mondiale. No. L’origine della crisi del Monte dei Paschi ha un nome: ingerenza politica, ed un cognome: Antonveneta».

Con queste parole Pasquale D’Onofrio, candidato sindaco di Sel alle primarie del centrosinistra senese descrive l’opinione sua e del suo partito riguardo alla crisi della banca cittadina.

«La crisi della banca MPS si trascina da anni e non è dovuta  solo alla crisi finanziaria mondiale o alle esose richieste da parte dell’EBA, ma chiama in causa il precedente Cda con i relativi piani industriali che alla prova dei fatti sono risultati poco efficaci e mal perseguiti. Errori di strategie e di gestione; eccessi di spesa rispetto alla capitalizzazione della banca, eccessi di immobilizzazioni su titoli di stato e inoltre professionalità di indirizzo strategico, di gestione e di controllo inadeguate ai compiti loro affidati dalle istituzioni nominanti. I problemi quindi non sono cominciati con l’acquisto scellerato della Banca del nordest ma vengono da prima e quindi ne sono responsabili anche coloro che oggi si sono allontanati dal partito di maggioranza verso liste civiche più o meno di destra. I problemi sono appunto nati con la creazione di un management bancario non all’altezza, con un asservimento alla politica e non a logiche commerciali. Problemi che hanno portato ad un impoverimento in termini di redditività della Banca ed in termini di appeal, ma soprattutto hanno portato  ad un acquisto sbagliato. Antonveneta è stato un affare, ma non per Siena. È stato un affare per Santander e Botin. È stata un’operazione con tempi e modi sbagliati e soprattutto sono state forzate le regole per portarla a termine».

«Come si è arrivati a questo acquisto? Ci si è arrivati perché i vertici di Monte dei Paschi in quel periodo erano assolutamente impreparati per gestire un passaggio del genere, perché la città era impegnata in sogni di grandezza senza averne gli strumenti per poi gestirli, perché la Fondazione Monte dei Paschi non nera all’altezza del proprio ruolo tant’è che lo stesso presidente ha annunciato di non sapere nulla dell’operazione, con una franchezza imbarazzante per lui e per Siena. Soprattutto sappiamo che è mancata una “due diligence”, ossia la possibilità di accertare criticità in merito al business, al mercato, alle procedure gestionali e amministrative, ai dati economico finanziari, agli aspetti legali e fiscali, ai rischi potenziali dei debitori insolventi. Per questo diciamo che fu un’operazione fatta in una notte e al buio».

«Adesso che la banca vive uno dei periodi di crisi peggiori della sua storia e della storia della città, con ripercussioni come abbiamo detto su tutti i settori cittadini, coloro che hanno gestito ogni errore, coloro che li hanno promossi e supportati politicamente restano ai vertici, anche di altri enti. Ed a  pagare sono i cittadini e soprattutto i lavoratori sui quali si scaricano le conseguenze di questa crisi che è nata per errori chiari e netti. Adesso quindi non ci possiamo esimere dal condannare fortemente che tutti gli interventi fino ad oggi messi in campo vanno soltanto nella direzione di far pagare i costi ai lavoratori».

«Ma è il momento di dire di nuovo e chiaramente che non possiamo accettare ancora una volta che a pagare sia il lavoro: per questo diciamo no alle esternalizzazioni, che significherebbe rendere precario il lavoro, entrando in una spirale di precarizzazione difficilmente sopportabile per Siena».