Deregulation negozi, Confesercenti: “La vera necessità è rivitalizzare la domanda”

Contrarietà di “metodo” verso il provvedimento del Governo. Apprezzamento per l’intervento della Regione, al quale però si tratta ora di dar seguito in modo coerente. E’ questo il punto di vista attuale di Confesercenti Siena sulla liberalizzazione degli orari dei negozi, ambito nel quale sul finire del 2011 è divampata la querelle tra Pubblica Amministrazione locale e centrale. Dopo la deregulation disposta dal Governo Monti con il Decreto Salva-Italia, la Giunta regionale Toscana è intervenuta il 27 dicembre con un provvedimento che limita a 13 ore il limite massimo di apertura giornaliera e rimanda al confronto tra Comuni e parti sociali per la determinazione delle aperture nei giorni festivi. “L’intervento del Governo su questo tema ci è apparso inopportuno – commenta il Presidente di Confesercenti Siena, Graziano Becchetti – perché invade una competenza rimessa da tempo alle Regione. Nel merito, abbiamo invece apprezzato il dispositivo regionale perché ripropone il principio della valutazione “caso per caso” sull’opportunità di estendere o meno gli orari di apertura dei negozi di una data località, tenendo conto delle specificità del contesto. Ora che la Regione ha posto le premesse per mantenere il metodo della concertazione, si tratta di dargli seguito: i comuni devono attivarsi per coinvolgere le diverse parti ed attuare nella propria realtà la regolamentazione più idonea in tema di orari”.

 

Sullo sfondo, Confesercenti rilancia la necessità di interventi strutturali che interessino altri settori rispetto a quello del commercio: “i titoli della stampa odierna sono lì a testimoniarlo – nota Becchetti – le misure più necessarie in questo momento sono quelle di stimolo per la domanda di beni e servizi, molto più che per l’allargamento dell’offerta degli stessi beni. E’ per lo più inutile moltiplicare le occasioni di acquisto, se la capacità di spesa rimane la stessa o addirittura continua a diminuire. Le liberalizzazioni veramente necessarie sarebbero quelle capaci di intaccare settori storicamente ‘chiusi’, come le professioni, i servizi finanziari o postali, in modo tale da favorire nuova occupazione e quindi far ripartire la capacità di spesa. Senza questo, si rischia il paradosso di vedere negozi ‘costretti’ a stare aperti no stop, ma sempre più deserti”.