Confindustria Arezzo, Siena, Grosseto: “Irap colpisce le aziende a maggior intensità di lavoro”

E’ un altro colpo all’economia – affermano in una nota congiunta le Associazioni Industriali di Arezzo, Siena e Grosseto in relazione alla manovra della Regione Toscana – già l’IRAP è di per sé una tassa “odiosa” e “ingiusta” – insistono le tre Associazioni – colpisce le aziende a maggior intensità di lavoro e non esenta gli interessi passivi, spesso dovuti alle difficoltà di incasso dei crediti sia dai privati che, scandalosamente, dallo Stato.

L’IRAP innesca infatti un circolo vizioso: perdita economica di bilancio, pagamento di imposte, degrado del rating, aumento dei tassi di interesse, aggravio della perdita e così di seguito, fino al rischio di cessazione dell’attività.

E’ un meccanismo perverso anche perché, a differenza di altri Paesi UE, amplia artificiosamente la base imponibile a voci di bilancio che sono “costi” e questo al solo fine di un irresponsabile sostegno al gettito fiscale. Per equità e giustizia sostanziale quindi questo tributo dovrebbe essere semplicemente eliminato.

Fra l’altro l’incremento dell’IRAP previsto dalla regione Toscana da 3,9% al 4,82% è enorme corrisponde a +23,6%, cioè incrementa di circa ¼ quella che può essere definita la “minimum tax sulla crisi economica”.

Nello specifico – continuano le Associazioni della Toscana meridionale – non è quindi possibile apprezzare la manovra solo per la salvaguardia prevista, oltre delle piccole imprese, del Manifatturiero e del comparto delle Costruzioni che sono esentate.

L’aumento colpisce infatti altri settori importanti, soprattutto in questo momento di difficoltà generalizzata, come il Farmaceutico, il Turistico-Alberghiero e la ristorazione, se in forma di società di capitali, poi la grande distribuzione, i servizi alle imprese, quindi il settore auto già devastato dal Governo Centrale ed ora a livello Regionale colpito da un ulteriore aumento dell’imposta di bollo.

“Spending review” significa “riduzione di spesa pubblica a servizi invariati”, quindi l’obiettivo deve essere quello di tagliare il costo della pubblica amministrazione riducendo l’eccesso di spesa a pari servizi sia in qualità che in quantità così da non penalizzare cittadini e imprese. Significa ridurre la spesa corrente, cedere il patrimonio immobiliare non funzionale, mettere sul mercato le partecipazioni ecc.

Perché – continuano le tre Associazioni – la risposta ai mancati trasferimenti centrali non sta nell’incremento della pressione fiscale, già insostenibile, ma invece in una virtuosa revisione organizzativa e di costo come prevede lo spirito della legge.

Le aziende private, per stare sul mercato hanno dovuto dolorosamente comprimere i costi anche del 40%; lo Stato con la spending review chiede tagli dello 0,28% del PIL nel 2012, dello 0,66% nel 2013 e dello 0,69% nel 2014, Rispetto ai sacrifici già patiti dal privato ed in particolare dal mondo produttivo non può quindi considerarsi esosa e da compensare una riduzione di spesa dell’1,63% sul PIL in tre anni.

La fiscalità che grava sulle imprese italiane infine, e maggiormente su quelle toscane, è una zavorra insopportabile sia in sé che nei confronti dei concorrenti ubicati in territori amministrati con maggiore attenzione nei confronti dei produttori di ricchezza e questo pesa come un macigno in termini di competitività di mercato.

Su questo fronte chiediamo quindi un impegno più serio ed efficace, non è accettabile che la traduzione in dialetto toscano di “spending review” sia “spremuta fiscale”.