29 marzo 1090, l’ospedale dei canonici di Santa Maria

Il 29 marzo 1090 è datato il primo documento che parla dell’ospedale dei canonici di Santa Maria. Nell’atto una coppia di coniugi, Ildizello di Bonizo e sua moglie Netula di Lucarello, donano, in rimedio delle proprie anime e di quelle dei loro figli, vari terreni e tutti i beni mobili in oro, argento e legname di cui saranno in possesso al momento della morte, allo “senodochio et ospitale de canonica Sancte Marie domui episcopio senense”. A ricevere la donazione è Alberico, rettore e maestro del detto “ospitale et senodochio”, che al contempo è anche “presbitero e canonico della canonica di Santa Maria”. Trattandosi di un atto di donazione, l’indizio è chiaro e riconduce, senza dubbio, ad un ente che esiste ed opera già da tempo. A fine XI secolo, quindi, l’ospedale è già attivo e sono già differenziati i due aspetti di ospizio e ospedale, funzioni caratterizzanti di questi luoghi di assistenza che si sviluppano nelle immediate vicinanze di chiese e monasteri: quella di xenodochium, ossia di ricovero di forestieri (etimologicamente xenodochium vuol dire: asilo per stranieri) e quella di hospitalis, cioè di luogo di assistenza e/o supporto caritativo per i più disagiati e indigenti.
Il Santa Maria della Scala, (come sarà il suo nome completo dal 1188, quando in un documento l’ente viene definito “ante gradus maioris ecclesiae senesis”) è destinato a diventare un vero e proprio “pezzo” dell’amministrazione pubblica della città, per la cura dei pellegrini e degli ammalati, l’accoglienza dei bambini abbandonati (“gittatelli”) e soprattutto polmone principale dell’approvvigionamento granario di tutta Siena, grazie all’imponente rete delle fattorie (“grance”) sparse sul territorio. L’ente diviene ben presto il punto di riferimento per questa larga “familia”, dove si realizza una comunione di vita tra laici conversi e membri della comunità religiosa e dove, per almeno un secolo, ospedale e canonica sono una cosa sola, nel comune “servizio” da rendere ai bisognosi. E la carta vincente del Santa Maria sarà proprio quella di essere una creatura dei canonici del duomo e di trovarsi di fronte non a “una” chiesa, ma “alla” chiesa per eccellenza: la cattedrale intorno alla quale si muovono i promotori dell’istituzione assistenziale. E’ definitivamente tramontata, ormai, la tradizione popolare che lo vuole fondato da un ciabattino, il beato Sorore, morto nell’898.
Maura Martellucci
Roberto Cresti