Vincenzo Bocciarelli, Sulle ali dell’arte, Accademia Edizioni ed Eventi, Roma 2020

“Sulle ali dell’arte” è un libro corale. Nonostante compaiono numerose fotografie (almeno una trentina) dell’autore, Vincenzo Bocciarelli, che è anche un apprezzato attore, sia teatrale (ha lavorato con Glauco Mauri e Giorgio Albertazzi) che televisivo (ha recitato, tra l’altro, in “Incantesimo 5”, “Il bello delle donne”, “Don Matteo 5”, “L’inchiesta”).

Nonostante il testo si presenti fondamentalmente come un testo autobiografico, nel quale è la stessa esperienza di vita di Bocciarelli – che la memoria dilata ben oltre le settimane di confinamento imposte dall’epidemia di Covid-19 – a riversarsi sulla pagina, facendosi narrazione. Nonostante ciò, nonostante tutto ciò, “Sulle ali dell’arte” resta un libro fondamentalmente corale. E lo è a diversi livelli. Innanzitutto, a livello di scrittura.

Numerosi, infatti, sono i contributi (versi, prose, lettere), alcuni molto belli, inviati dal pubblico, letti nel corso del “Bocciarelli Home Theatre” – il programma realizzato in diretta dall’artista nella sua abitazione romana e trasmesso (la prima puntata è del 9 marzo) su Facebook – e accolti nel volume (pp. 122-175).  Poi, lo è perché la stessa occasione di interazione tra Bocciarelli e il pubblico, sia quello che nei mesi scorsi lo ha visto e ascoltato sui social sia quello che ha modo ora di leggerlo, viene offerta dalla condivisione di una stessa condizione, nuova, drammatica, spaesante, quale è la forzata reclusione domestica, la sospensione, per ogni persona, della consueta pratica di vita.

Infine, “Sulle ali dell’arte” è un libro corale perché la soluzione che addita, per arginare lo sconforto e il dolore che tale condizione suscita, trascende l’individuo e rimanda al gruppo, alla comunità virtuale, agli amici che sulla rete si incontrano e sulla rete si confrontano. In sostanza, il libro di Bocciarelli è una convinta e coinvolgente difesa della bellezza (e dell’importanza) del colloquio e dunque dell’uscita da sé, del superamento degli angusti confini entro i quali spessi ci chiudiamo e ci pensiamo.

La verità è che nessuno si salva da solo. E se l’arte possiede un valore lenitivo – la perennità della lezione virgiliana affidata alla sesta ecloga – e se dunque per l’autore il confronto con i suoi amori letterari (Dante, Shakespeare, Leopardi) è di per sé un motivo di conforto, tuttavia maggiore è la gioia provata quando la lettura di una poesia o la recitazione di un testo divengono l’occasione di un dialogo con l’altro, dialogo la cui importanza non è legata a ciò che si condivide, ma al fatto stesso di condividerlo. E se ciò vale sempre, anche in condizioni normali, ciò vale ancor di più ogni volta che ci troviamo a vivere una condizione-limite, una condizione estrema, nella quale il legame che unisce gli uomini si spezza o è sempre sul punto di spezzarsi. Il passo che segue è tratto dal capitolo iniziale e mostra bene il rilievo che possiede in “Sulle ali dell’arte” l’antitesi buio/luce.                

“Solo, come da ormai due mesi, nella mia casa romana. Ho scelto il buio della notte per lasciare le prime tracce di questo mio viaggio, mentre fuori gli echi dei latrati dei cani, a ritmi cadenzati, rompono il silenzio assordante della paura. La città dorme o forse chissà. La notte è il momento più difficile. Durante il giorno ci sono le telefonate, il pranzo e la cena da preparare, le videochiamate, la diretta e la luce, tanta luce. La notte, invece, la notte ci sono io, colo e soltanto io, avvinghiato al mio respiro, libero senza copertura, senza mascherina, con il nero del mistero intorno. Una veggente molti anni fa mi disse che un giorno avrei scritto un libro. Sorrisi divertito ed incredulo quando me lo profetizzò. Mi sembrava allora una cosa assurda, impossibile, ma oggi eccomi qua, di notte, con il ticchettio del mio dito sulla tastiera del PC e voi, anzi tu, di fronte a me, che hai da poco iniziato ad accarezzare le pagine di questo libro. Le parole hanno un potenziale incredibile, riescono a penetrare e raggiungere angoli remoti del nostro essere e ad espandersi come cerchi nell’acqua. Quante parole sono state consumate in questi due mesi di follia, di pazzia mediatica e virale… Ognuno diceva la sua, ognuno si proclamava portatore di verità e di assolute certezze, tuti si sentivano medici e virologi, mentre chiusi nelle nostre case noi, esseri umani (pensanti e non), cercavamo in modo disperato di dare una risposta ai dilemmi ardenti del momento”.

 

Vincenzo Bocciarelli, Sulle ali dell’arte, Accademia Edizioni ed Eventi, Roma 2020

a cura di Francesco Ricci