Mauro Costabile, Per sempre

L’impiego dell’avverbio “sempre” e della locuzione avverbiale “per sempre” suscitano ilarità negli scettici e negli spiriti pratici. Sono parole, infatti, che, specie se vengono usate in riferimento alla sfera degli affetti, rischiano di suonare false: niente dura – l’esperienza lo insegna – niente permane. Che senso può avere, perciò, scrivere o pronunciare “per sempre”? Col trascorrere del tempo, ad esempio, l’innamoramento si trasforma in amore, l’amore in cara o fastidiosa consuetudine, quando addirittura non scade al rango di semplice ricordo: le strade si separano e ognuno riprende il proprio cammino da solo. E se poi capita di leggere gli “Inni alla notte”, nel quale il grande poeta tedesco Novalis esprimeva la convinzione che lui e Sophie, la fidanzata morta giovanissima, erano destinati prima o poi a ritrovarsi e ariabbracciarsi, ecco che viene facile dire che si tratta di letteratura, che si tratta di fantasie romantiche. Così facendo, però, si finisce con lo spogliare la stessa esistenza di bellezza e d’incanto, facendone il luogo della frattura, della discontinuità, della perdita. Rispetto a questo modo di sentire e di esprimersi, l’ultimo romanzo di Mauro Costabile imbocca con decisione una direzione differente. Lo fa già a partire dal titolo, “Per sempre”.

Lo fa con la copertina del volume, che riproduce una bellissima scultura di Paolo Morandi. Lo fa, soprattutto, giustapponendo sette brevi storie, le quali, sebbene distanti l’una dall’altra in quanto a tempo e spazio delle vicende narrate (il 170 d.C., l’857, il 1099, il 1487, il 1799, il 1918, il 2015) – autentiche schegge di luce –, parlano tuttavia di un solo grande amore, quasi a volerci ricordare che questo sentimento è sempre lo stesso, ad ogni latitudine e in ogni epoca. Ed è sufficiente un dettaglio fisico, ovvero gli occhi grigi dell’amato, a dirci che, in realtà, le sette voci femminili, che raccontano ciascuna la propria vicenda, in apparenza singola e singolare, devono essere interpretate come la voce della stessa donna, la quale parla allo stesso uomo: ogni congedo, dunque, non è mai definitivo, perché sotto sembianze fisiche diverse le anime degli amanti si riconoscono e si ritrovano nei secoli. E tale indizio (gli occhi grigi dell’amato) si fa prova, tale legame sottotraccia diviene evidente ed inoppugnabile nei sette “fil rouge”, dove a prendere la parola è direttamente l’autore, il quale, abbandonando l’indicativo passato, il tempo dell’intreccio, si esprime all’indicativo presente in merito al vivere e al morire, alla malattia e al dolore, alla gioia e a Dio, e dove, soprattutto, riafferma con forza che amare è amare per sempre e amare la stessa persona. Il passo che segue è tratto da primo capitolo, intitolato “In mezzo”.          

“Se è vero che la verità sta nel mezzo allora in mezzo è un gran bel pezzo. In mezzo tra il dire e il fare, tra lo stare e il partire, tra il primo e l’ultimo, tra il cielo e il mare, tra il giorno e la notte. In mezzo tra il caos e l’ordine, tra l’amare e l’odiare, tra il bene e il male, in mezzo tra il bianco e il nero. Stop. Il bianco e il nero. Due colori. Due colori che racchiudono tutto il senso della vita, se un senso esiste, se un senso c’è. Il bianco, l’inizio, la nascita con la sua purezza, il suo candore, la luce della vita cui si va incontro. Il nero, la fine, la morte con le sue colpe, i suoi peccati, il buio, le tenebre dell’ignoto. Ma la verità è in mezzo, quindi tra il bianco e il nero, tra il momento in cui veniamo al mondo e quello in cui lo salutiamo. Il bianco e il nero e in mezzo tutte le sfumature della vita, la scala dei grigi, quella che ci permette di vedere la nostra esistenza nella maniera più scarna, priva di particolari, di colori. Vederla in bianco e nero, come una foto d’epoca o come un film d’altri tempi, o come quelle giornate senza sole e senza amore nelle quali ritroviamo la parte più profonda di noi, in bianco e nero. O come quelle mani fotografate sul manifesto che si tengono strette e non hanno paura di dimostrare tutta la loro forza, tutta la loro natura, una bianca e una nera. In realtà tutta la vita è una tonalità di grigio e da questa certezza nessuno può sfuggire ma tutti possono fare la differenza aggiungendo il loro colore, facendo la loro parte, essendo se stessi”.

Mauro Costabile, Per sempre, Marketing d’autore, Avellino 2018

 

a cura di Francesco Ricci

foto di Francesco Laezza