Maria Luisa Visione, La felicità immobiliare

Veniamo da lontano, e qualcosa della mentalità che fu di Catone e di Cicerone evidentemente è rimasta in noi Italiani. La celebrazione che i due “auctores” fanno della terra e dell’agricoltura, infatti, trova un corrispettivo nell’odierna predilezione degli abitanti del Bel Paese per le attività immobiliari, non per quelle mobiliari. È come se la concretezza materiale di un appezzamento di terreno (un tempo) o di un’abitazione (oggi) generasse negli individui un sentimento di sicurezza e di stabilità, che né la mercatura (un tempo) né gli investimenti finanziari (oggi) riescono a suscitare. Qualcuno potrà dire che si tratta soltanto di un’inveterata abitudine, qualcun altro potrà addurre spiegazioni di natura psicologica – la fissità di ciò che permane, che si lascia toccare, che suggerisce un radicamento come risposta (un po’ nevrotica, ma pacificante) al rapido trascorrere dell’esistenza di ciascuno di noi –, fatto sta che le famiglie italiane continuano a investire nel mattone e a trarne un reddito.

E allora occorre accogliere con gratitudine e soddisfazione l’ultimo lavoro di Maria Luisa Visione, intitolato “La felicità immobiliare”, che in maniera chiara, avvalendosi anche di tabelle, di mappe, di agili sintesi, riesce a spiegare anche a chi, come me, non ha alcuna competenza nel settore, quali siano i criteri da seguire – che non coincidono, ahimè, con quelli spesso seguiti – tanto nella scelta di un immobile quanto nella sua conservazione, ristrutturazione, riqualificazione energetica (anche l’immobile, al pari degli uomini, possiede un suo ciclo di vita).  Da questo punto di vista, “La felicità immobiliare” costituisce veramente, come osserva nella “Prefazione” Andrea Rovellini, un testo di “educazione”, dove l’educazione appare rivolta a due diversi destinatari: i consulenti immobiliari e i potenziali acquirenti/venditori. Due soggetti che hanno in comune il fatto di essere soggetti a trasformazioni nel corso del tempo, così come a trasformarsi è – la fondamentale intuizione di Baudelaire – “la forme d’une ville”.

I primi devono possedere la duttilità necessaria a fare i conti con i cambiamenti sociali ed economici degli ultimi decenni, oltre che soddisfare una richiesta di consulenza sempre più di valore e specializzata; i secondi sono soggetti al mutare dei gusti, della disponibilità di capitale da investire, degli imprevisti e delle novità che costellano l’esistenza di ciascuno di noi, ma anche di eventi di portata globale, che sopraggiungono inattesi e rovinosi. Ad esempio, come Maria Luisa Visione puntualmente ricorda nel capitolo iniziale, l’epidemia di Covid 19 ha ridefinito le preferenze degli Italiani, che ora si orientano verso abitazioni più grandi, possibilmente indipendenti, dotate di spazi esterni. Di conseguenza, i dati di cui disponiamo in merito a tre grandi città come Roma (dove la superficie media per abitazione è di 103 m²), Milano (dove la superficie media per abitazione è di 88 m²), Napoli (dove la superficie media per abitazione è di 102 m²) fotografano una situazione che rispecchia l’oggi, ma che tra qualche anno potrà già apparire vecchia. Il passo che segue è tratto dal primo dei cinque capitoli nei quali il libro si suddivide:     

“L’economia immobiliare è da sempre espressione del contesto storico e dell’evoluzione culturale, parte integrante del processo strategico di pianificazione finanziaria, economica e patrimoniale. Impiegare risorse per l’investimento “casa” spesso è un passo che precede l’investimento finanziario, se non addirittura che avviene in simultanea, probabilmente perché ne è storicamente chiara la finalità e ne è stata scritta l’importanza nel DNA delle generazioni da lungo tempo. Prospettiva concettuale tanto vera per il passato, quanto valida e utile per il presente. Si può affermare, senza timore di essere smentiti, che nell’attuale panorama sociale ed economico il parallelismo esistente tra settore finanziario e settore immobiliare è raro che venga esplorato contemporaneamente con l’obiettivo di delineare le varie linee di confine, di comunicazione e di interazione tra i due mondi. Esito di tale miopia è la non acquisizione di un’ottica di ottimizzazione economica e fiscale complessiva dell’organizzazione del patrimonio detenuto, con il rischio di privarsi inconsapevolmente di una parte della propria ricchezza. Infatti, accade con frequenza che, pur disponendo di un patrimonio immobiliare ingente, non venga approfondito il suo aspetto dinamico, né rilevata l’importanza della sua valorizzazione. L’oculata gestione del patrimonio immobiliare è frutto di una consapevolezza nuova e diversa dell’esistenza di potenzialità e sfaccettature che, senza la dovuta attenzione, restano inespresse e inutilizzate”

Maria Luisa Visione, La felicità immobiliare, Marlin, Cava de’ Tirreni 2021

 

a cura di Francesco Ricci