Luigi Bicchi, L’inatteso

Con L’inatteso Luigi Bicchi esprime la raggiunta maturità artistica. Dicendo ciò, non intendo assolutamente affermare che questo libro sia più bello dei precedenti, dal momento che l’intera produzione dello scrittore fiorentino – come dimostra il largo consenso di critica e di pubblico – appare sotto il segno della qualità. Piuttosto, parlando di maturità artistica, intendo fare riferimento all’ordito della trama, mai così complesso e così sovranamente sorvegliato, e alla ricchezza dei registri impiegati, specie nelle parti dialogate. Nell’Inatteso, infatti, sono compresenti tre storie. La prima, preceduta da un antefatto che rimanda alla metà degli anni Cinquanta, vede iniziale protagonista una giovane ragazza, Giuliana, appartenente all’alta borghesia senese, che viene costretta a lasciare la città del Palio per andare prima a partorire a Cernobbio, poi a completare il percorso di studi in Svizzera.  La seconda è incentrata su una collezione di quadri, che è stata trafugata (ma sarà stata veramente trafugata?) da una villa che si trova nella campagna senese (“La ricchezza è un bene che va e viene, ed i tempi li decide lei. Al di là di tutto ciò, villa Il Poggiolo manteneva intatta la sua bellezza ottocentesca su quel panorama una volta della famiglia”).

La terza storia, infine, è legata alla misteriosa scomparsa di un amico, nonché copilota, di un compagno di gioventù del maresciallo Casati, Maurizio Bellini. Per quanto concerne l’aspetto stilistico, l’elemento della prosa dell’Inatteso che più colpisce il lettore è costituito, accanto al nitore espressivo, dalla perfetta coesistenza di registro medio e di registro colloquiale, che si apre ad accogliere, come nel dialogo tra Orsola e Paolino, anche inattesi e divertenti doppi sensi. Ora, è proprio lo spazio estremamente ampio – che io definirei preponderante – accordato da Luigi Bicchi al discorso diretto, che rivela, al di là del fatto che è proprio attraverso il confronto con le donne e gli uomini incontrati, ascoltati, interrogati, che il maresciallo Casati riesce a condurre a felice conclusione l’inchiesta, la natura eminentemente teatrale della scrittura dell’autore. Da ultimo, come già avveniva nel romanzo precedente, I tarocchi di Costanza, anche nell’Inatteso riceve grande spazio una figura di donna: allora si trattava della giornalista Costanza, stavolta si tratta di Marisa, la moglie del maresciallo. Ed è proprio il rapporto tra i due coniugi, che non esclude la gelosia, con le considerazioni che suscita e gli stati d’animo che genera, a permettere a Luigi Bicchi di lumeggiare anche la dimensione più intima e privata del protagonista.  Mai, infatti, il maresciallo Casati si era mostrato al lettore in tutta la sua sentimentale e tormentata fragilità. Quello che segue costituisce l’inizio del romanzo.

“25 febbraio 1955 – Al convitto

Il suono rotondo del motore spingeva la Lancia Appia, color grigio scuro, lungo i tornanti di Volterra. L’accompagnava, insolitamente brillante, un sole di fine febbraio. Quella luce e quel poco calore, però, rimanevano estranei a tutto quello che esisteva oltre le portiere dell’auto. All’interno, infatti, l’avvocato Franco Battisti e sua moglie Flaminia Ricciotti sedevano tetri, sotto un cielo di intima burrasca, rintanati nei propri sedili. La telefonata ricevuta da Idamis Panzironi, direttrice del liceo convitto “Adele Frustaci”, rinomato luogo di studio per le migliori giovani delle province di Siena, Pisa e Firenze, li aveva lasciati alquanto perplessi se non proprio avviliti: “Devo parlare con voi, urgentemente”, “Ma…”, “Di persona, non per telefono”, “Ma…”, “Non ci sono ma che tengano. Vi aspetto domani mattina. Alle dieci”. Fu per questo che l’avvocato rinviò quell’appuntamento con il conte Frigoli, che pure aveva tanto a cuore. Il fatto non piacque per niente al nobiluomo che rappresentò con forza la propria delusione, tanto che il buon avvocato nel salutarlo vide svanire nell’aria quegli immensi, numerosi e ordinati filari di viti che costituivano la proprietà del conte e che il noto studio Battisti & Colletti avrebbe dovuto amministrare. Quell’incontro, dal quale si aspettava grandi soddisfazioni e guadagni, si trasformò, così, da un probabile inizio ad una fine sicura”.

Luigi Bicchi, L’inatteso, Betti, Siena 2021

a cura di Francesco Ricci