Leucofobia

Il futuro appare bianco agli occhi di Viola. Bianco, ma non luminoso. Spaventoso, terribile, incerto. Viola è affetta da leucofobia, la paura del colore bianco.

Leucofobia è il nome assegnato al terrore immotivato e incoerente per il colore bianco e ogni cosa che ad esso faccia riferimento.
Viola, caso voglia ch’abbia il nome d’un colore, n’è affetta sin da tenera età: non ha ricordi piacevoli dei suoi primi disegni, ad esempio, scarabocchi tremanti gettati su carta con l’unico scopo di riempire il vuoto e di potersi focalizzare sul nero, sui colori, sul pieno, la continua tentazione durante il trascorrere degli anni di evidenziare, marcare, riempire ogni angolo di un foglio, stropicciarlo e poi bruciarlo e poi gettarlo e poi continuare, coi banchi, con le pareti, perfino con la pelle!

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Bianco, bianco, il bianco che la insegue, eterno cacciatore e lei eterna preda, fragile, debole, scostante, a gattoni, e poi ancora in piedi in questa sfiancante corsa contro il nulla.
Bianco, che ora le si piazza davanti, imponente, doloroso, deciso, e la circonda tutta, improvviso dittatore della sua vita, uragano e al centro lei.
Immobile.

Arriva un momento, genericamente, in ogni vita, in cui il proprio foglio è riempito fino ai margini, consunto e rovinato, quindi bisogna accettare che debba esser messo da parte, e usarne un altro.
A dirla tutta, è un momento che si ripete, ancora e ancora, più e più volte ed ogni volta, dopo lo spiazzo iniziale, dopo il male dello strappo, si raccoglie la prima penna e si continua a scrivere.
Viola, leucofobica, davanti ai nuovi fogli bianchi si paralizza, e paralizzata è com’è ora.
Diciannove anni, un foglio bianco, analfabeta della vita.

E come si vive? E come si scrive?
E come si fa? E se non faccio? E se non riesco?
E se prendo una pausa? E se va male?
E se va bene?
E se non è quello che voglio?
E se non è quello che sono?
E se non sono chi penso di essere?
E se, se, se?
Leucofobia, il terrore immotivato e incoerente per il colore bianco e ogni cosa che ad esso faccia riferimento, come il futuro.


Bianco, e non luminoso – si dice Viola!
Non il bianco delle luci a neon, dei primi raggi di sole dopo un sonno lungo dieci ore, non il bianco in fondo al tunnell, il bianco che brilla sul buio, no!
Il bianco del vuoto, l’intensità del nulla che rischia di farla sprofondare in un’inettitudine e apatia continua, il bianco dell’incoscienza, e della conoscenza dell’incoscienza, e della paura.
La paura della paura.

E se?
E se?
E se?

Il bianco che ha bisogno d’esser scritto, d’esser riempito.
Come si può aver il blocco dello scrittore con la propria vita?
E per quanto tempo si può star nel bianco senza rischiare di morire un po’?
E non di morire morire, non smettere di respirare, semplicemente smettere di crederci!
E se ho smesso già di crederci?
E se, quando?
Ci ho mai creduto?

Ho mai creduto in me?

Viola, leucofobica, diciannove anni e tante strade da contemplare, studiare, scegliere, e poi sbagliare, per poi ritornare sui propri passi e sbagliare di nuovo, ma scegliere, scrivere, scarabocchiare, disegnare, essere.
Bianca.

Paura di se stessa, paura di credere in se stessa, paura di restare delusa da se stessa.
Ferma, intrappolata tra virgole, dubbi e interrogativi.
Legata ai polsi e alle caviglie da turbinie mentali e fobie avverse, l’incapacità di reagire, neanche la voglia di scappare, correre, a terra stesa e inerme, desideratamente inerme, lo sguardo al vuoto.
La penna ad un passo dal viso, sfrontata, la possibilità di un riscatto e l’accidia del volerlo, lì davanti a lei il potere di riscrivere, di riscriversi, di avere coraggio.

E’ comodo il bianco!
Prima o poi gli occhi si abituano.
Bianca, non più Viola.
Leucofila e leucofoba assieme.
Nulla, vuota.

Si corre un rischio alto a diventar bianchi, signori e signore.
Ed è quello di diventar fogli nelle mani di altri.
Di esser scarabocchiati da altri, e viver della loro idea di noi e non della nostra, di esser quel che loro desiderano e lentamente diventarlo.
E poi è più facile essere accantonati, liberati al vento, stropicciati, strappati, usati e riusati ed essere vittime di noi stessi e di chiunque altro abbia una penna e voglia di scrivere la sua storia su di noi, e imporcela.
E quanto ne vale la pena?

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Leucofobia è il nome assegnato al terrore immotivato e incoerente per il colore bianco e ogni cosa che ad esso faccia riferimento.
Ma, per fortuna, si può curare e superare:

basta avere una penna e il coraggio di usarla.

Ilaria Perna