La La Land e la lotta per i propri sogni

Non amiamo i classici musical hollywoodiani, eccezion fatta per qualche sperimentazione anglosassone e abbastanza recente dello shakespeariano Kenneth Branagh (Pene d’amor perdute, 2000) – perché ci piace il regista nordirlandese di Belfast – o per l’interpretazione come sempre stupenda del nostro (forse) attore preferito De Niro/Jimmy Doyle, sassofonista jazz in New York, New York…


Questo film del regista appena 31enne Damien Chazelle è stato però candidato ad una infinità di premi Oscar (14!), in più ci avevano detto che era imperniato di Jazz….e quindi siamo andate!
In realtà, per fortuna per noi, La La Land non ci è sembrato soltanto il “classico” musical stile Broadway, umilmente nostalgico e citazionista e, tanto per capirci, un normale e limitato omaggio soprattutto a lui, Vincent Minelli.
Con La La Land ci siamo anche un po’commosse, ecco perché il film, in fin dei conti, ci è piaciuto: abbiamo visto sia una commedia romantica sia un vero dramma sullo scontro tra gli affetti e le ambizioni dei due protagonisti. Certo, un film che eccede di citazioni e suggestioni (dai tip-tap all’uso di coreografie pastello adatte a far sognare lo spettatore…), ma anche opera di sentimenti e invenzioni cinematografiche, la conferma di una regia per nulla di retroguardia. Storia d’amore, insomma, di sogni e di delusioni, di follia e di crescita.

Los Angeles, Mia (Emma Stone), aspirante attrice che passa da un provino all’altro e intanto serve caffè e cappuccini alle star e Sebastian (Ryan Gosling), pianista jazz che sopravvive nei pianobar con l’intento di rinnovare quella musica che, secondo lui, sta morendo (…il Jazz non morirà comunque mai, ci verrebbe da dire a lui e allo sceneggiatore dell’opera, non c’è bisogno di creare “nuovo” Jazz perché il Jazz si crea e si rinnova da solo.…) si incontrano e tutto comincia. L’appuntamento al cinema, il primo bacio, la paura della perdita. I due protagonisti si amano, si scontrano e si sostengono per realizzare le loro aspirazioni, anche a costo, alla fine, di consumare un amore.
Nella prima e travolgente ora di “conoscenza” tra Mia e Sebastian, il regista sembra dare il meglio: tuffi danzanti in piscina, pali della luce a cui appendersi ondeggiando, panchine su cui fare tip-tap e una fotografia illuminata dai colori dell’alba e del tramonto a fare da sfondo. Si danza nelle stelle e nelle nuvole, ricordate Moulin Rouge?
Mia e Sebastian letteralmente volano e si innalzano nel tentativo di coronare i loro sogni e il loro amore. Sarebbe un film da vedere in lingua originale, proprio per non spezzare l’atmosfera tra i dialoghi e i diversi momenti cantati e danzati. Perfino la macchina da presa ci sembrava danzare sui protagonisti, anche quando essi erano immobili e la musica finita.
Nella seconda parte, invece, la pellicola grava quasi interamente sulla figura di Emma Stone, 27enne immateriale, leggiadra e pochissimo trucco – probabilmente per farle esaltare quegli occhi stupendi che recitano insieme a lei- riesce a rendere credibile le ambizioni di una semplice e appassionata sognatrice. Talentuosa, testarda ed elegante, riempie lo schermo con “poco”: un sorriso, una lacrima, un delicato passo di danza… Invece Ryan Gosling, nonostante sembri perfetto tanto nel ballo quanto nel canto, a noi non ha lasciato particolari tracce di emozione come la sua collega di set, forse perché frenato da una sceneggiatura che, alla fine, si raggrinzisce proprio su di lui. Il suo Sebastian ci sembra un ballerino addirittura ineccepibile, ma la figura possente e, al contempo, delicata di Emma Stone ne ingombra e ne limita la presenza scenica.
Alla fine, nonostante appartenga al genere Musical, La La Land non è un film ottimista. Mia e Sebastian vogliono lottare insieme per i propri sogni e si fanno forti di quell’amore che vince su tutto: Omnia vincit amor sembra essere il motto fin dall’inizio. Ma noi spettatori dobbiamo accettare a malincuore un finale che non ci aspettavamo. I sogni, forse, si sono realizzati ma la realtà si è rivelata ben altra cosa.
Gli ultimi dieci minuti di questo film sono le emozioni più forti ma con quella leggerezza narrativa che Chazelle ha saputo soppesare dall’inizio. Il finale è il racconto crudele dei sogni di Mia e Sebastian dove l’amore è stato penosamente, e realisticamente, subordinato. Un amore subordinato, però, senza astio, senza rimproveri, ma soltanto con la constatazione, sul volto di Mia, che diversamente, con il mondo dei sogni, non poteva andare.

Giada Infante