Daniele Magrini, Il potere del virus

È sufficiente scorrere l’indice del “Potere del virus”, l’ultimo libro di Daniele Magrini, pubblicato da Effigi, per coglierne sin da subito la rigorosa e compatta struttura. Le quattro parti nelle quali il saggio si articola – oscillanti da un minimo di quattro a un massimo di sei capitoli – s’intitolano “La resa”, “La speranza”, “I conflitti”, “Il racconto mediatico”. Si tratta di altrettante tappe di un unico percorso o, ancora meglio, di altrettante stazioni di un’ideale “Via crucis”, dove il male e il bene, la colpa e la redenzione sono strettamente intrecciati tra di loro. Nella “Resa” l’attenzione di Daniele Magrini si concentra su quanto è stato fatto e su quanto si è omesso di fare, in Italia e nel mondo, a partire dal 1° dicembre 2019, quando all’ospedale di Wuhan approdò il primo caso di contagio da Covid-19, per arrivare allo smarrimento e alla stanchezza attuali, legati alla terza ondata pandemica, causata dalla variante inglese. Nella “Speranza”, invece, il discorso insiste sui vaccini, sulla competizione internazionale che si è scatenata tra case farmaceutiche e tra Stati per arrivare per primi ad averne uno disponibile ed efficace, sulle campagne vaccinali di massa, tra entusiasmi, bruschi arresti, ripartenze, paure, battute a vuoto. Nei “Conflitti” basta il titolo a dar conto della deprimente verità che la pandemia ha portato una volta ancora alla luce, e che ispira un’ampia riflessione intorno alla natura dell’uomo. Il male, il male fisico – la grande lezione della linea Tucidide-Boccaccio-Manzoni –, non risveglia tanto sentimenti di aggregazione e di unità, quanto di disgregazione e di divisione: tra gli esperti, tra il Governo e le Regioni, tra i ricchi e i poveri, tra i garantiti e i non garantiti, tra la verità fattuale e la verità delle/nelle parole. Da ultimo, nel “Racconto mediatico”, Daniele Magrini mostra e dimostra, dati alla mano, come il virus non abbia solamente invaso il mondo, ma anche (in Italia più che altrove) le pagine dei giornali, gli spazi informativi, i profili dei social. 

Niente di sorprendente, se teniamo conto della novità, della portata, della durata della pandemia. Il problema, infatti, non è la notizia in sé, non è il fatto in sé; il problema è la maniera con la quale la notizia è stata data, il modo col quale il fatto è stato prima accolto, quindi trattato, infine comunicato al pubblico di lettori e di telespettatori. Molte volte, ciò che è andata in scena, ha perfettamente ragione Daniele Magrini, è stata una riproposizione della serie tv, interpretata da Richard Gere, “Mother father son”, dove il padrone di un impero editoriale condensa la regola di ogni talk show di successo nella proposizione “La normalità non serve”. E infatti di normale, di misurato, di ragionevole, in molti dei programmi televisivi dedicati al Covid-19 c’è stato ben poco.  Sicuramente la pandemia avrà fine (alcuni scienziati collocano nell’estate del 2022 il momento in cui il virus, sebbene ancora presente, farà ammalare meno persone), ma la “fine sanitaria”, vale a dire il crollo e dell’incidenza e della mortalità, sarà accompagnata anche dalla “fine sociale”, ovvero dallo sparire della paura dovuta alla malattia? È questa la domanda che l’autore di questo documentatissimo e chiaro saggio lascia sospesa, né potrebbe essere altrimenti, nelle dense “Conclusioni”.  E credo che tale interrogativo apra la strada a molti altri quesiti. Perché  se Daniele Magrini spiega bene – e dunque risponde a tante domande legate al passato – le ragioni per le quali il Covid-19 ha visto l’Italia in enormi difficoltà, soprattutto nel corso della prima ondata (penso, ad esempio, al capitolo “Decenni di tagli: così il Servizio Sanitario Nazionale è rimasto senza difese”), numerosi sono gli interrogativi che restano sul tappeto, concernenti specialmente il futuro, a partire da quello realmente cruciale: la globalizzazione, la crescita iillimitata, il primato dell’economia, l’erosione del collettivo e del comune, devono essere la nostra condizione destinale o è possibile ripensare questo modello di sviluppo? Il passo che segue è tratto dall’Introduzione.   

“Il potere del virus contro quello dei vaccini. È lo scontro epocale in atto che inciderà anche sul futuro globale. Il Covid-19 ha sconvolto i vecchi equilibri: milioni di morti, l’economia devastata, la scienza annichilita, i ragazzi allontanati dalla scuola, la paura a dominare la vita quotidiana delle persone. Nulla sarà come prima. Ma l’efficacia dei vaccini può riconsegnare all’umanità un mondo possibile, sia pure da ripensare totalmente, in cui mettere a frutto gli errori che hanno consentito il dominio del virus, per tornare a vivere e non solo a sopravvivere. Il Covid-19 ha riportato indietro di secoli l’intera umanità, priva di ogni strumento di prevenzione, disarmata nei primi terribili mesi dell’assedio. Il potere del virus non ha solo causato milioni di morti. Ha forse irreparabilmente messo in crisi l’economia mondiale basata sulla globalizzazione, ha dato un senso nuovo e profondo al concetto di paura, ha contagiato anche le democrazie. Nel racconto mediatico, panico e populismi hanno imperversato, mentre il mondo si divideva tra la follia dei negazionisti e le letture apocalittiche dell’epidemia.Questo libro intende promuovere la conoscenza dei fatti e degli antefatti, per contribuire, invece, a un approdo consapevole a ciò che è successo e predisporsi alle prossime battaglie con il Covid-19, senza sottovalutarlo e senza esaltarne il potere distruttivo”

 

Daniele Magrini, Il potere del virus, Effigi, Arcidosso 2021

a cura di Francesco Ricci