Alessandro Pagani, Io mi libro

Alessandro Pagani, Io mi libro, 96 Rue De La Fontaine, Torino 2018

Neppure Giacomo Leopardi riuscì a sottrarsi al fascino del riso, al punto da esprimere più volte nello “Zibaldone” il proposito, mai realizzato, di scriverne una storia. Ai suoi occhi il ridere appariva, a differenza del dolore, una prerogativa esclusivamente umana, dal momento che presuppone la riflessione, la quale lascia emergere la vanità dell’esistenza e l’assurdità di tanti dei nostri progetti e delle nostre convinzioni. Non a caso già gli scrittori antichi, tra i quali c’era anche Luciano di Samosata – molto amato da Leopardi, che lo tenne ben presente per la composizione delle “Operette morali” –, ricordavano al poeta di Recanati che se davanti al mondo e alla vita il filosofo Eraclito piangeva, il filosofo Democrito rideva.

Alessandro Pagani, che ben conosce la ricca morfologia del riso (c’è quello che nasce dall’odio e quello che nasce dalla benevolenza, c’è quello generato dalla disperazione e quello generato dalla gioia, c’è quello suscitato dalla gerarchia sociale e quello suscitato dalla quotidianità familiare, c’è quello che diverte e quello che ferisce), si muove sulle orme di autori quali Marchesi, Campanile, Guareschi – senza disdegnare, a mio avviso, rapide incursioni negli scritti irriverenti di Karl Kraus – e ci regala un libro, nel quale il frammento e l’aforisma sono piegati ad accogliere piccole verità dell’esistenza umana, il cui senso, o il cui non-senso, sfugge spesso all’uomo che, per pigrizia o per paura, non si ferma mai a riflettere. “Io mi libro” comprende “500 freddure”, “Dieci cose che non sai di me”, “Dieci buone scuse per camuffare il cinquantesimo compleanno”, “I 10 ossimori più belli”, “15 piccoli indizi per una giornata no”, “10 libri alternativi da portare in vacanza”, il racconto “piccolo raccorto onirico”. I frammenti riportati sono tratti rispettivamente dalle sezioni “500 freddure”, “I 10 ossimori più belli” e “Dieci buone scuse per camuffare il cinquantesimo compleanno”.

“Sono l’unica a praticare nudismo su questa spiaggia: sono una scostumata.
Aprile 1945: per risolvere la grana padana, ci volle il partigiano reggiano.
In banca: “Gli ho alzato il tasso sul conto” – “Lo hai messo al corrente?”.
Ginecologo a domicilio: “Signora posso entrare?” – “Di già?”.
Gioco tra cani: “Bau…Bau…Setter!”.
Cercasi apprendista con esperienza.
S’è fatto tardi molto presto.
Sono un comico serio.
Sviluppiamo tecnologia militare per scopi pacifici.
L’agghiacciante deserto di sabbia rovente.
Felicemente sposato.
Copia originale.
Politico onesto.

Non sono capelli bianchi, faccio il panettiere.
Grazie degli auguri, ma non sono io.
50 candeline? C’era lo sconto.
Sono il risultato di un test scientifico, in realtà ho 17 anni.
Non è il mio compleanno: siete voi che siete razzisti”.

 

Marco Vichi, Nel più bel sogno, Milano, Guanda 2017

 

a cura di Francesco Ricci