Anoressia: la distorsione dell’immagine di noi

anoressia

L’anoressia è un disturbo del comportamento alimentare che comporta il rifiuto più o meno grave ad alimentarsi. L’obiettivo è quello di mantenere uno stretto controllo sul peso per evitare di ingrassare come parte di un bisogno di controllo totale del corpo e delle sue funzioni.
Implica una distorsione dell’immagine corporea per cui viene negata l’effettiva condizione di debilitazione fisica. Inoltre esiste una negazione di stimoli come la fame o la stanchezza spesso connessa alle attività sportive messe ossessivamente in atto al fine di mantenere sotto controllo il peso.

Questo insieme di comportamenti implica quasi sempre una situazione di amenorrea e può arrivare, nelle forme più estreme, a provocare conseguenze che possono mettere in pericolo la vita stessa. È un disturbo che spesso si presenta alternato al suo opposto, la bulimia, caratterizzata da abbuffate compulsive di quantità di cibo notevoli con una sensazione, durante l’episodio, di perdita di controllo. Nella bulimia il tentativo di controllare il peso viene spesso messo in atto attraverso il vomito autoindotto, o con l’abuso di farmaci lassativi e/o diuretici.

Ma cosa c’è alla base di questo disturbo? Una richiesta d’amore, il desiderio di essere desiderati, ma come sappiamo nel desiderio c’è insita una mancanza, un vuoto, possiamo quindi parlare di un desiderio del vuoto, ciò che l’anoressica-bulimica ricerca costantemente; l’altro-madre è stato al contrario un altro-pieno, che ha risposto troppo spesso con sollecitudine, invadenza, dando ciò che ha, cibo, oggetti, cure, sostituendosi così al figlio, non rispondendo ai suoi reali bisogni, ma facendo diventare il figlio un bisogno per confermare se stessa.

Lo sguardo, quindi, che deve poter accompagnare il riconoscimento da parte del bambino della propria immagine è stato uno sguardo giudicante e non uno sguardo che testimonia un riconoscimento reciproco. Non a caso le madri di diverse anoressiche-bulimiche sembrano avere un conto in sospeso con la loro stessa immagine. Sono madri che vivono la loro immagine come difettosa e che assegnano alla figlia il compito di completare con il suo corpo questa difettosità che la riguarda; rispondono allo sguardo del bambino non con un sorriso che sa accogliere, ma con il rifiuto e il giudizio, ciò che fa la bulimica quando viene a spezzarsi il meccanismo che mantiene intatto l’ideale anoressico, far diventare il proprio corpo una pattumiera, qualcosa da disprezzare.

Spesso si trovano ragazze che definiscono il rapporto con la madre “deludente”, parlando di donne “troppo appiccicose”, che non sono riuscite a vedere le figlie, ma al contrario si sono sostituite a loro, anticipandone i bisogni, domande, riempiendo e invadendo ogni spazio, facendo richieste incessanti di essere quello che in realtà non sono, creando aspettative impossibili da soddisfare, fino all’annullamento dell’altro, che diventa e si percepisce sempre più invisibile; dichiarano spesso di non sentire niente, di non avere desideri, di non sapere chi sono.

È un disturbo che si manifesta solitamente durante il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, ed è proprio in questo periodo che non avviene il processo di individuazione e quindi una separazione dalla madre; attraverso l’anoressia-bulimia, si cerca da un lato di staccarsi dal genitore attraverso il controllo sul proprio corpo per dimostrare la propria forza, volontà, esistenza e dall’altro è un tentativo di ritornare all’oggetto del desiderio (la madre) cercando attraverso il rifiuto del cibo, il dimagrimento, il vomito, di essere viste e riconosciute.

Nella storia delle ragazze anoressiche-bulimiche, se le madri sono vissute come un troppo, i padri sono ombre, passano da momenti di presenza a quelli di assenza, viene a mancare quindi la funzione paterna del limite, dell’autorevolezza, assumendo tratti sfumati, indefiniti, lasciando che la figlia venga fagocitata dal troppo “amore” della madre. Padri continuamente svalutati, deboli, impotenti, castrati da un materno che non gli riconosce alcun valore.

Quindi, come abbiamo detto, una malattia del desiderio di essere visti, di essere amati, ma è lo stesso desiderio a spaventare in quanto non vi è la certezza della risposta, che troppo spesso si conferma deludente; vengono così messi in atto tutti quei rituali finalizzati a mantenere il controllo sui propri desideri perché vissuti come pericolosi, preoccupandosi in modo ossessivo del peso corporeo, delle quantità di cibo, delle calorie, perché l’anoressica sa che cedere al desiderio è pericoloso e porta ad una perdita di controllo e uno spostamento verso la bulimia. La quotidianità diventa un pensare ossessivo a cosa mangiare o meglio a come evitare di mangiare, perché il mangiare non è legato allo sfamarsi, ma al gusto di stare insieme; l’anoressica dice “no”, no al cibo, rompendo la regola generale della convivialità, negandosi alla tavola dell’altro.

Si assiste ad una totale negazione del piacere, del godimento, il corpo diventa sempre più un corpo androgino, deprivato di ogni tratto di femminilità, della sua capacità di concepimento; l’esercizio anoressico è in questo senso, una vera e propria ascesi, il corpo magro è un corpo-non- corpo, la cui unica fonte di godimento paradossalmente si ha attraverso la perdita di peso arrivando fino a sfidare la morte come ultimo disperato tentativo di provocare l’amore nell’altro.

Dott.ssa Monica Perozzi
medico chirurgo – psicoterapeuta