Uccise due carabinieri a Siena e finì all’Opg di Montelupo: “Quando esco, concludo il lavoro”

Sono tre i morti che si porta dentro:  lo sportivo Antonio Cordone (ucciso con un colpo alla tempia nel 1989)  e i due carabinieri Mario Forziero e Nicola Campanile (uccisi a Siena, in via dei Gazzani).

Ma a divorare l’anima di Sergio Cosimini non è il senso di colpa, non è la coscienza ma i demoni. Gli stessi demoni che lo hanno portato, quasi trent’anni fa, a uccidere. I demoni che hanno iniziato a divorarlo molto prima che diventasse uomo, già nei primi anni dell’adolescenza, quando nascondeva in camera catene e corde e si procurava ferite.

Oggi il plurimomicida Sergio Cosimini è stato trasferito dall’Opg di Montelupo alla Rems di Volterra, perché gli Opg andranno a sparire. “Una svolta epocale” ha detto qualche giorno fa l’assessore regionale alla salute Stefania Saccardi. “La chiusura dell’Opg di Montelupo Fiorentino prefigura la conclusione della riforma che ha previsto la chiusura del manicomio criminale in Italia. Una storia lunga, che si chiude felicemente – sono le parole di  Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana e commissario unico del governo per il superamento degli Opg –. Si tratta di un’autentica rivoluzione, che mette l’Italia all’avanguardia in Europa e nel mondo, e conclude il processo iniziato con la Legge Basaglia”.

Già. Ma proprio come per il superamento della legge Basaglia, forse non si è pensato alle conseguenze per tutti coloro che erano stati rinchiusi nei manicomi fino a quel momento così come a coloro che oggi si trovano a passare alle Rems (Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria)

Addio vecchi e obsoleti manicomi giudiziari, dunque e addio a coloro che vi erano stati rinchiusi dopo efferati delitti perché dichiarati incapaci di intendere e di volere. Tra loro, appunto, anche Sergio Cosimini.
Tre omicidi sulle spalle senza mai davvero rendersi conto di quello he aveva fatto. Ma con una certezza (all’epoca del processo): “Quando esco, finisco il lavoro”. Lo aveva dichiarato più volte.

Una storia incredibile che oggi torna alla ribalta proprio per la chiusura degli Opg.

La storia che segue è frutto di un’intervista ed è alla memoria del padre di Sergio, Franco Cosimini. Che fino alla sua morte, avvenuta nel 2001, lo segue passo passo e capisce la gravità della malattia che affligge il figlio, dichiarato schizofrenico grave e pericoloso. È talmente conscio della patologia da aver scritto nel testamento diretto ai familiari: “non occupatevi più di Sergio”. Lui sapeva perché ma in quel momento non poteva sapere che 16 anni dopo quel figlio avrebbe lasciato quella cella. Quella cella dove lo andava a trovare almeno una volta alla settimana, da anni.

Per andare dove? Oggi nessuno sa dare una spiegazione.

Sergio nasce nel 1963 in una famiglia agiata. Il padre è proprietario di un mobilificio a Poggibonsi che oggi non esiste più. La madre ha alle spalle una famiglia blasonata. Nei primi anni della sua vita non mostra problemi particolari. I problemi iniziano nell’adolescenza. Il padre scopre in camera di Sergio coltelli e catene. Chiede spiegazioni al figlio. Il ragazzo risponde “Ho paura di essere aggredito”. Per il padre di Sergio e per la sua nuova famiglia (ha sposato in seconde nozze una giovane senese) inizia l’odissea. Psicologi, Psichiatri, ospedali. Nessun miglioramento, anzi. Sergio ruba una pistola in un’armeria a Firenze e poi inizia ad avere anche visioni mistiche, dice di vedere la Madonna. Il padre disperato si rivolge alle forze dell’ordine, ad alcuni giudici. Nessuno interviene. E l’odissea continua.

 

La malattia è così grave che Sergio uccide per la prima volta. Accade a Firenze e la vittima è un ex allenatore di calcio che stava passeggiando. La sua colpa era “averlo guardato”. Un delitto che forse sarebbe rimasto insoluto se il Cosimini non avesse ucciso ancora. E’ con la morte di due carabinieri in via dei Gazzani a Siena che si alza il velo su un giovane malato e pericoloso. Il duplice omicidio sconvolge la città del Palio. Il Cosimini viene dichiarato incapace e per questo rinchiuso all’opg di Montelupo.

 

Il padre chiede ai giudici: “Per favore, non fatelo uscire mai più” . Era suo figlio, lo amava eppure era arrivato fino al punto di pregare che rimanesse in un ospedale psichiatrico giudiziario. I giudici rassicurarono il genitore perché anche loro in quel momento non sapevano.

Oggi, però, addio Montelupo e il Cosimini (e con lui tanti altri, lo stesso ‘mostro di Foligno’ pare aver avuto la stessa sorte, diretto verso la Rems di Volterra ) dove andranno in via definitiva? Chi si prenderà cura di loro perché non facciano più del male? Il passato è stato scritto, e con il sangue di innocenti. Il futuro chi avrà il coraggio di scriverlo?

(La foto di copertina è di archivio e non si tratta di Cosimini)

Katiuscia Vaselli

Cecilia Marzotti