Siena e la politica: l’ultimo ostacolo per Bruno Valentini

Appare ormai evidente che il Partito Democratico senese non è in grado di indicare un candidato a sindaco diverso da Bruno Valentini. E che il ciclo di incontri nei circoli per valutare il lavoro dell’amministrazione ed indicare eventuali altri nomi sarà la solita occasione di “politica finta”, che non serve a nulla, se non a dare un po’ di spazio agli iscritti, peraltro sempre i soliti e sempre meno.
I motivi di tale impotenza ad indicare un nuovo candidato, nonostante la palese insoddisfazione verso l’operato e la figura personale di Bruno Valentini, sono sostanzialmente tre. La prima è che il Pd non ha un motivo valido – né politico, né amministrativo – per scaricare Valentini, il quale per un intero mandato è stato sostanzialmente obbediente alle indicazioni del partito, al punto da rinnegare le tante promesse fatte in campagna elettorale. La seconda è che scegliere un altro candidato significherebbe darla vinta a Stefano Scaramelli ed Alberto Monaci – i grandi sconfitti del congresso a livello cittadino – che ogni giorno ripetono di non volere Valentini di nuovo a Palazzo pubblico. La terza è che qualunque altro nome (se ne sono fatti tanti: Luigi Dallai, Angelo Riccaboni, Fulvio Bruni, Massimo Bianchi, Rino Rappuoli, Anna Ferretti) avrebbe a questo punto il difetto di essere troppo vicino a quella o quell’altra “componente” del partito e dunque non andrebbe bene agli altri. E, soprattutto, dovrebbe correre il rischio di affrontare le primarie.


Valentini, che politicamente parlando non è un fesso, lo ha capito benissimo e non ha aspettato la fine del congresso e la elezione del segretario comunale (il debolissimo Simone Vigni) per partire in quarta con la sua campagna elettorale, fatta di presenzialismo capillare e di interviste in cui – appunto – ricorda sempre a tutti che lui sarebbe ben contento di affrontare la primarie, sicuro di avere fra i cittadini/elettori un consenso anche superiore a quello che ha nel partito.
E qui, tuttavia, non riesce a nascondere un piccolo brivido nella voce e nei toni che usa. Perché le primarie di partito, molto probabilmente le vincerebbe a mani basse. Mentre ben altro tasso di rischio avrebbero le primarie di coalizione, con uno o più candidati provenienti non dal Pd, ma da altre forze di centrosinistra. Un nome “giusto” – credibile ed autorevole – potrebbe infatti raccogliere i sostenitori delle varie liste oggi più o meno alleate, i piddini fedeli a Scaramelli e Monaci ben felici di poterlo spazzare via, ed una quota di elettorato di centrosinistra deluso dalla sua amministrazione. La somma finale di voti potrebbe essere più alta di quella che il partito “ufficiale” potrebbe portare in dote a Valentini.
Le primarie di centrosinistra sono l’ultimo, vero ostacolo, nient’affatto facile da superare, per essere di nuovo il candidato a sindaco.

Roberto Guiggiani