Ranza, nel carcere di massima sicurezza si studia per tornare nel mondo “normale”

I corsi dell’istituto Ricasoli nel carcere di massima sicurezza

Studiare per la speranza, un giorno, di tornare ad essere cittadini “normali”. per quanto possa esserlo chi ha trascorso anni, a volte decenni, all’interno di un carcere. Sono ormai sette anni che l’istituto statale Ricasoli di Siena è presente all’interno del carcere di Ranza – San Gimignano, casa di reclusione di massima sicurezza.

Non si deve mai perdere la speranza, nemmeno quando si è timbrati con un ‘fine pena mai’ perché a volte anche un ergastolo può prevedere riduzioni e ‘libertà’. E allora quegli uomini condannati a vita, che hanno alle spalle reati pesanti, spesso tanti morti sulla coscienza, sanno che avere un comportamento corretto e costruttivo dentro al carcere può portare a risultati insperati. Con la cucina e il teatro, per esempio, si può riuscire a scoprire che si può imparare ad essere altro oltre a ciò che siamo stati in passato. Nei ricordi dei detenuti della massima sicurezza ci sono la criminalità organizzata e il terrorismo, il più delle volte. Ma ci sono anche famiglie rimaste fuori, più sole di quanto può essere solo chi è dietro le sbarre. Ecco allora che una serie di attività come la cucina e il teatro, appunto, forme d’arte e di creatività, possono sviluppare un punto di vista diverso della vita.

I percorsi curriculari sono stati rivisti a seguito del protocollo di intesa tra i Ministeri dell’Istruzione e della Giustizia siglato il 23 ottobre 2012. E nel 2017 è nato il progetto “Scriviamo… con gusto!”, un blog in cui si parla di cucina e di passione. In questo spazio virtuale gli studenti inventano una ricetta, la realizzano in team e, a seconda delle proprie attitudini e potenzialità, lavorano su elaborati scritti di diversa natura da pubblicare in rete, favorendo un confronto con gli utenti. In questo modo, infatti, la sezione scolastica di Ranza si apre virtualmente a tutti coloro che si interessano al mondo della cucina, della scuola e della creatività, stimolando la crescita e l’impegno degli studenti detenuti. Come “gustosa” conclusione dell’anno scolastico, anche quest’anno i detenuti hanno organizzato un pranzo, preparato dagli studenti della casa che studiano nella sede carceraria dell’Istituto Enogastronomico di Colle Val d’Elsa, indirizzo dell’Istituto d’Istruzione superiore statale “Bettino Ricasoli” di Siena. Un evento a cui hanno collaborato anche i detenuti che frequentano il corso teatrale interno e che hanno presentato “monologhi” di famose pellicole da accompagnare al pranzo.

“Lo scopo – ha detto Maria Bevilacqua, capo area settore trattamento del carcere di Ranza – è certamente quello di integrare e formare i detenuti, che devono impiegare in maniera proficua il loro tempo di carcerazione. In questo modo acquisiscono strumenti in vista del loro reintegro nella società libera. E’ vero, molti di loro son ‘fine pena mai’, ma è pur vero che in molti conservano la speranza di una futura misura alternativa, per questo c’è comunque molta attenzione alle lezioni e corsi del genere. La collaborazione con l’istituto Ricasoli dura da sette anni in maniera positiva: ci sono stati tanti esempi di detenuti che hanno trovato lavoro grazie a questi corsi, con impieghi anche in esercizi delle zone limitrofe al carcere”. In carcere di vive una realtà lontana dal quotidiano dell’esterno. E non solo per muri, cancelli, controlli che separano celle e spazi dal mondo esterno. “In questo tipo di lavoro –  ha proseguito – si crede perché si crede che ci sia la possibilità di reintegro. Certo, poi ci sono le recidive, inutile negarlo, ma per una recidiva ci sono molti reintegri in società. Sovraffollamento? Quando c’è mai stato in realtà, semmai affollamento, ma non in questa fase, abbiamo circa 250 detenuti. E’ un lavoro non facile, ci sono stati anche momenti difficili, anche perchè è un mondo maschile e maschilista. Con il tempo però si impara a mediare con questo mondo e si riesce a svolgere con serenità il proprio lavoro. In trentasei anni ci sono stati anche attimi molto duri, ma il lavoro va avanti sempre”.

 

“E’ una scuola un po’ speciale – ha detto Tiziano Neri, preside del Ricasoli -, anche solo per il fatto che le classi son determinate dalla direzione del carcere o che gli ordinamenti didattici sono diversi. Ma è una scuola a tutti gli effetti, il diploma non lo regaliamo a nessuno e ci vuole comunque tanto impegno da parte dei detenuti. Vedo sempre grande motivazione in questi studenti, del resto la cucina, per fare un esempio, permette di sviluppare la propria creatività e indagare a fondo nelle proprie capacità. L’attività si svolge in una padiglione con aule e laboratori. La maggior parte degli studenti è ‘fine pena mai’, ma questo non è un ostacolo, tutti in ogni caso sperano di raggiungere, un giorno, una misura alternativa. Timore e paura nei docenti? Per prima cosa venire a insegnare in carcere è una libera scelta, non obblighiamo nessuno. Poi se ci sono sentimenti del genere non è possibile venire qua, anzi sono addirittura un fattore di rischio. Negli anni, però, solo un paio di docenti hanno abbandonato questo tipo di esperienza. Di certo noi siamo molto orgogliosi di quello che abbiamo fatto e facciamo qua”.

Alessandro Lorenzini

Katiuscia Vaselli