Pieve al Bozzone e le piante del demonio

La località di Pieve a Bozzone sorge a 215 metri s.l.m. in una zona pianeggiante incastonata tra le colline della val d’Arbia e Santa Regina.  La sua posizione fa sì che questo luogo sia uno tra i più freddi di Siena, durante le notti invernali, per via della forte inversione termica che vi si registra, le mattine tra dicembre e marzo sono spesso accompagnate da ghiaccio e brina.


La pieve esistente già nel XII secolo, citata con il titolo di Sant’Andrea al Bozzone nella bolla di papa Clemente III inviata nel 1189 a Bono vescovo di Siena, fu arricchita nel XVI secolo del titolo di abbazia. La pieve prende il nome dal torrente Bozzone, situato a poche centinaia di metri, teatro di frequenti combattimenti fra i senesi, i fiorentini e gli aretini e nel 1446 divenne campo dell’esercito napoletano comandato dal re Alfonso d’Aragona, come scritto da Amato Amati nel suo Dizionario corografico dell’Italia nel  1870.


Come tutti i borghi e i paesi intorno a Montaperti (luogo della storica battaglia tra Guelfi e Ghibellini) anche Pieve al Bozzone ha la sua leggenda fatta dalle voci del passato dei vecchi abitanti della zona. Si narra infatti che qui alcuni Senesi coltivassero una pianta dai poteri magici per aiutare i cavalieri a vincere le battaglie e che servisse anche per riti e pozioni magiche.


La Mandragora o Mandragola, appartiene alla famiglia delle Solanaceae e ha le radici che ricordano la figura di un essere umana.  Unitamente alle proprietà anestetiche, che ne hanno fatto della pianta particolarmente importante affibbiandole poteri sovrannaturali, di cura contro l’infertilità ed innati doti afrodisiache. Il nome deriva dal persiano e fu Ippocrate il primo a donarle il nome Mandragora. La leggenda, racconta, come la pianta fosse il mezzo più efficace per uccidere un uomo a causa del suo pianto. L’unico modo sicuro per coglierla era legare la radice al guinzaglio di un cane in modo che lo stesso la sradicasse senza danneggiarla consentendo al padrone di coglierla in totale sicurezza. Nell’epoca romana si credeva che la mandragora fosse abitata da un demone.


Estratta dal terreno, il demone si sarebbe risvegliato e il suo urlo avrebbe ucciso l’incauto raccoglitore. La mandragola venne dichiarata radice demoniaca e pericolosa, e presto poté essere utilizzata solamente di nascosto.

Articolo e foto: Gabriele Ruffoli