Nicoló, Duccio e il senso delle cose: il mondo da una piccola finestra

Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.

“Voi non avete idea di come sia il mondo visto da una finestra. O forse sì, qualche idea ce l’avete: anche voi vi affacciate dalle vostre case, e attraverso la magia di questo ritaglio rettangolare guardate giù. Lo fate per vedere la vita dall’alto, quella vita che, nel mentre che vi siete dentro, non riuscite a vedere. Lo fate per ottenere un sorvolo sui tanti piccoli problemi che quando camminate per strada vi affliggono. Sì, lo sapete che cosa significa guardare il mondo da una finestra. Ma non sapete cosa significa farlo solo da questa.

 

 

Ai miei genitori non mancava nulla. Da generazioni vivevano nell’agio della nobiltà, comodi e al sicuro nel maestoso palazzo Chigi alla Postierla. A mia madre iniziò a mancare un po’ di amore, quando i trent’anni si avvicinarono e lei ancora non aveva donato un erede alla famiglia. Ma anche questa mancanza fu apparentemente sopperita: arrivai io, e per nove mesi la pancia di mia madre contenne la promessa di un grande futuro. Mio padre non era mai stato così orgoglioso della sposa che, pur non conoscendo, aveva scelto.

Le faccende del mondo arrivano anche quassù, e io non rimango disinformato: sulla civetta fuori dall’edicola lessi anni fa che era stato dimostrato che i ricordi dei bambini iniziano a sedimentarsi a partire dai tre anni. Eppure io ricordo, il primo sguardo di mio padre affacciato sulla culla posarsi su di me: indossava la divisa da generale, e la sua espressione ferrea si ruppe in una smorfia di dolore e disgusto. Non mi sfiorò, alzò il volto dalla culla e andò via.

Dalla stanza accanto, udivo spesso mamma e babbo litigare: “è sempre nostro figlio”, diceva mia madre. “Sarà un figlio nascosto”, rispondeva mio padre. I singhiozzi di mia madre che animavano le notti pian piano cessarono, e per non perdere mio padre si attenne alle sue decisioni.

All’età di quattro anni venni rinchiuso in questa stanza dalle pareti alte e vuote. Per il quinto compleanno, chiesi una finestra in regalo: “non troppo grande” – disse mio padre – “ma va bene. E che vi sia una persiana a coprirla”.

 

 

Da allora sono diventato un grande osservatore. Il migliore in circolazione, oserei dire. Ho visto i vestiti cambiare moda, acconciature abbassarsi e capelli sciogliersi sulle spalle delle ragazze. Gesti mutare la loro ritualità e parole perdere e acquistare nuovi significati. No, non scendo in strada. Non entro nella vita. Ma credo che ognuno, a modo proprio, la sorvoli”.

Guardo ancora una volta in alto, alla piccola finestra che si affaccia su Piazza Postierla. Dicono che in Italia, forse anche nel mondo, non ve ne siano di più piccole. Prima di andarmene alzo leggermente il palmo della mano, accenno un saluto agli occhi che immagino ancora lì, appostati ad osservare dietro la persiana. Chissà se mi hanno visto.

Duccio

Testo di Giada Finucci

Foto di Nicolò Ricci