L’eremo di San Leonardo: un lago scomparso, una piramide e un grande pittore di Siena

Lungo uno dei percorsi della Via Francigena, fra boschi di lecci e querce, in località Santa Colomba, sorge l’Eremo di San Leonardo al Lago, così ricordato negli antichi documenti per la presenza di un lago prosciugato nel XVIII secolo.
Il santo titolare è Leonardo del Limosino, eremita molto venerato nel medioevo europeo e celebrato per il forte legame con la natura, in particolare con alberi e boschi.
Le prime notizie certe che testimoniano la presenza di una comunità eremita risalgono all’anno 1119, ma la sua esistenza sembra risalire a molto prima, infatti sotto l’eremo vi è una grotta verticale di circa sette metri purtroppo inaccessibile dove già dal IV/VI secolo vi veniva fatto romitaggio.
Nel 1239 l’eremo passò agli Agostiniani e nel 1250, con una bolla papale, fu unito a quello vicino e più noto di San Salvatore di Lecceto.

 


I resti della cinta muraria e due torri, una rotonda e una quadrata, attestano che nel 1366 l’eremo fu fortificato per accogliere le vicine popolazioni di Santa Colomba e di abitati limitrofi in periodo di guerra. Il Monastero conobbe un periodo di grande prosperità grazie alle donazioni di terre e alle offerte dei devoti, nonché al diretto intervento di istituzioni pubbliche, quali l’Ospedale di Santa Maria della Scala e la Repubblica di Siena, che ne promossero il rinnovamento. Nel Trecento fu ampliata la primitiva chiesetta romanica e realizzata la nuova chiesa gotica a navata unica, suddivisa in tre campate e abside rettangolare.
Tra il 1360 e il 1370 fu affrescato dal pittore senese Lippo Vanni. Luca Marchetti, custode dell’Eremo, ci mostra e ci spiega con grande cordialità e con grande cultura che all’interno della chiesa il pittore dipinse un bellissimo affresco sul soffitto con l’unica rappresentazione esistente di un orchestra del 1300 con tutti gli strumenti (Ars nova).
Mentre nell’abside si può ammirare forse il primo esempio (insieme al castello di Aviano) di prospettiva intuitiva a quattro punti di fuga.
E sempre nel suo interno si può ammirare un autoritratto che si fece Lippo di Vanni, secondo gli addetti ai lavori forse tra i primi esempi di pittura analoga.


Nel locale a pian terreno, originariamente destinato a refettorio, si trova a tutta parete un altro pregevole affresco raffigurante la Crocifissione, attribuita a Giovanni di Paolo nel suo periodo giovanile, intorno al 1445.
La presenza di notevoli personalità religiose locali, contribuì a trasformare San Leonardo in meta di pellegrinaggio.
Infatti nei primi anni del Trecento,verrà scelto come ritiro dal beato Agostino Novello, già priore generale dell’ordine,la cui fama di santità esplose dopo la morte, avvenuta a San Leonardo al lago, nel 1309. Questo personaggio fu penitenziere e confessore di papa Niccolò IV; venne eletto alla carica di Generale dell’Ordine ma vi rinunciò e si ritirò qui, dove pare visse in solitudine, penitenza e preghiera. Siena seppe ben presto della sua santità e alla sua morte, venne subito venerato come santo. Una delle sue ultime fatiche giuridiche fu la redazione del primo statuto dello Spedale di Santa Maria della Scala. La morte lo colse il 19 maggio 1309, lunedì di Pentecoste, e il suo corpo fu traslato nella chiesa di Sant’Agostino di Siena, a seguito di numerosi miracoli operati per sua intercessione. Simone Martini, qualche anno dopo, nel 1328, lo dipinse su una bellissima tavola, circondato da immagini dei suoi miracoli e rappresentato con un angelo “sussurrante” dietro un orecchio, simbolo della divina ispirazione.

Fino alla metà del 1700 nella zona compresa tra Monteriggioni e Siena, ancora oggi conosciuta col nome di Pian del Lago si trovava il grande lago Verano, completamente bonificato per volere del Granduca Pietro Leopoldo (esiste ancora, ed è visitabile, il tunnel sotterraneo realizzato per far defluire le acque del lago).
L’area di Pian del Lago (pianura racchiusa tra i poggi di Lecceto e la Montagnola) è stata oggetto di sforzi congiunti di istituzioni pubbliche, private e di singole personalità, nel tentativo di recuperare all’agricoltura zone considerate malsane. In quella zona fin da tempi imprecisati vi era un lago, le cui acque non trovavano uno sbocco, conseguentemente creavano danno alle campagne (che erano sempre inondate) e ai loro abitanti e, a quanto dicono gli studiosi, perfino alla città di Siena, che se pur distante circa 4 miglia toscane (otto chilometri più o meno) risentiva di problemi creati probabilmente alla forte umidità.

 


Il lago ricopriva una grande superficie, andava da Badia Isola (chiamata così proprio perché all’epoca era un lembo di terra che usciva dalle acque del lago) fino a Pian dei Mori e a tutta la zona che costeggia la Montagnola.
Sotto il Granduca di Toscana, Leopoldo I della casata Asburgo-Lorena, un gentiluomo senese (Francesco Bindi Sergardi, proprietario di molti terreni nella zona) incoraggiato dalla protezione del sovrano, diede inizio all’impresa di bonifica dell’area di Pian del Lago, per risolvere il problema delle acque che si impaludavano. Ma a causa di tale dispendio di risorse economiche, restò privo di mezzi e solo con l’intervento di Leopoldo I l’area potè essere bonificata completamente e resa fertile che il sovrano donò poi a quel gentiluomo senese.
I Lorena concepirono l’impresa di bonificare quest’area come un impegno politico vero e proprio.
Alla loro corte si avvicendarono scienziati, geografi e matematici impegnati nei progetti di risanamento di molte aree della Toscana, soprattutto della Maremma. Non mancò l’area di Pian del Lago, per la quale i sovrani chiamarono i principali scienziati: Leonardo Ximenes, nominato ‘geografo regio’ nel 1755 che affrontò il primo progetto di essicazione del Pian del Lago (nel 1760) e Pietro Ferroni, nominato ‘matematico regio’ nel 1770 che lo completò.
Del loro lavoro sono rimasti schizzi e carte che documentano la complessità dell’operazione. Fu scavato un canale sotterraneo che serviva da estuario alle acque lungo 3624 braccia.

Per celebrare le decennali opere di bonifica del Pian del Lago, il Granduca Leopoldo I fece erigere un obelisco alla fine del XVIII secolo; il luogo è noto come ‘la Piramide’ e si trova al termine del tragitto denominato “la Grande Traversata”. Dove oggi si estende la pianura, fino al Settecento vi erano le acque di questo lago, con cui gli uomini dovevano lottare. L’ambiente lacustre offriva anche dei vantaggi economici (pesca, cacciagione, oche selvatiche, quaglie,fagiani, starne). Era però regolata da severe leggi del Comune di Siena fin dal 1262.

articolo e foto Gabriele Ruffoli