Il Palio alla “squid game” che costringe Siena a una riflessione

Più che un Palio, un film horror, una serie Netflix come “squid game”. Più che il Palio di Siena, uno dei tanti palii che cercano di scimmiottare Siena. Quella di ieri (ma non solo di ieri) è stata un’immagine vergognosa, che niente ha a che vedere con quello che è il Palio con la P maiuscola.

Non era cominciato affatto bene e già si parlava di eventi funesti ma chi mai si sarebbe aspettato di vedere correre sei Contrade? Nella storia, poteva essere successo a metà del 1600 (dal 1633) , agli esordi del Palio che conosciamo, quando esso non era stato ancora istituzionalizzato. E invece è successo ieri: prima la Civetta, poi l’Istrice e ieri il Leocorno prima e il Bruco poi. Come nel diabolico “squid game” una Contrada dopo l’altra fuori dalla Carriera, quasi un macabro scherzo.. Sei Contrade al canape, con una gestione confusionaria, approssimativa, superficiale fino a diventare surreale.

Il mossiere Renato Bircolotti, uomo di grande esperienza che gestisce le mosse da tanti anni nelle corse in provincia e in diversi altri palii, non si è assolutamente rivelato all’altezza. A partire, se proprio vogliamo dirla tutta, dal rapporto confidenziale mostrato con i fantini fino ad arrivare al problema reale, la gestione dal verrocchio del tutto inadeguata: una gestione da paliotti o da corse in provincia.

Si passa poi al problema reale, che è quello della scelta dei cavalli  e qui bisogna tornare indietro non di giorni ma di anni: cavallai, fantini, capitani mettono in piedi questo teatrino da tempo, improvvisamente si grida allo scandalo oggi solo perché sono ben otto gli esordienti ma chi scrive sarebbe curiosa di sapere se poi, con tutti i cavalli presenti, i capitani avrebbero il coraggio di inserirli nel lotto: la paura di non poter mettere il giubbetto a questo o a quel fantino, determinerebbe comunque un’assenza dei migliori. Quindi si può gridare che il Palio di ieri è stato una vergogna per Siena e per i senesi, perché così è stato ma bisogna guardarsi negli occhi, fare un’esame di coscienza e ammettere che non può essere accaduto tutto soltanto in questi quattro giorni. La principale responsabilità di questa situazione non va cercata fuori ma dentro le mura. La colpa è dei senesi, senza se e senza ma.

C’è poi la macchina organizzativa del Palio: il Comune. E qui l’errore è madornale: il Comune non ha ammesso la presenza di errori. Basta così o si deve andare avanti?

C’è poi il Palio, quello vero, che va in scena (per fortuna) per conto suo: quando il 29 giugno avevamo scritto che su tutte le strategie e nel valzer delle monte  “Tittia balla, anche senza musica”, avevamo avuto ragione: un uomo concentrato, un uomo in assetto con se stesso e con il cavallo, un fantino che non si è fatto trascinare al di fuori della dimensione paliesca reale per cadere nella buffonata che andava in scena. E, come nel 1945 al rientro dagli anni della guerra, ha ancora vinto il Drago. E allora facciamo un riflessione seria e veloce, già per il Palio di agosto e intanto applauso al Drago: chi vince non perdona, chi perde non cogliona.

Katiuscia Vaselli