Il borgo di Lucignano d’Asso e la leggenda del tartufo

Dall’alto dei suoi 370 metri s.l.m. guardandoci intorno possiamo ammirare un lago di creta  mosso delle colline come a definire un rapporto tra terra e cielo e sullo sfondo l’mponente Monte Amiata, un  vulcano spento fonte di acque termali che sgorgano in molte località della zona: Lucignano d’Assso.

Lucignanum Longassum come veniva chiamato un tempo, sorge nello stesso luogo dove si trovava un antico insediamento etrusco.
Il piccolo borgo di Lucignano d’Asso ha saputo conservare non solo l’aspetto ma anche l’atmosfera di un’epoca passata, spesso da molti rimpianta e mai dimenticata. Il paesino è “formato” da due vie e due chiese, poche case, una vecchia bottega, la casa nobiliare con il giardino e l’antica fontana.
Questo luogo oltre che dagli etruschi fu abitato anche in epoca romana e assunse la sua forma definitiva e attuale nel Medioevo, entrando a far parte del contado senese.


Un documento rivela che nel 1485 Lucignano d’Asso era già di proprietà degli “eredi di Agnolo di Niccolò di Piccolomo Piccolomini”, una delle famiglie che certamente segnarono la storia di tante terre del centro Italia.
In posizione eccezionalmente dominante sulla sommità di una collina, il castello di Lucignanum  era costituito da un cassero e da una fortezza.
La zona cadde sotto Roma durante il I secolo a.C. e un contingente romano, agli ordini del console Lucio Licinio Lucullo, si stabilì proprio sul questa altura dove oggi sorge il borgo e qui fondò un grande accampamento, anche di una certa importanza strategica, che, in onore del suo console, venne ribattezzato Lucinianum poi nel passare del tempo Lucignano.


Oggi Lucignano d’Asso, quasi completamente ristrutturato, fa parte del territorio di San Giovanni d’Asso conosciuto anche per i suoi prodotti tipici tra cui il suo pregiato tartufo bianco delle Crete Senesi. E proprio il tartufo fu fonte di storie e leggende tramandate nelle zone  della valle del torrente Asso dove si narrava che il raro e pregiato alimento nascesse dalla combinazione di alcuni elementi naturali come acqua, calore e fulmini.

Da questa teoria prese spunto il poeta Giovenale secondo il quale l’origine del tartufo si deve ad un fulmine scagliato dal padre degli dei, Giove. Oltre a ciò, dato che il capo di tutti gli Dei era famoso per la sua prodigiosa attività sessuale, il tartufo veniva considerato altamente afrodisiaco, infatti, si racconta che i soldati romani dopo aver mangiato questa prelibatezza entrassero in contatto con gli Dei e che grazie a loro e al tartufo assumessero una grandissima e prodigiosa dote di fertilità. Le donne che consumavano rapporti con i soldati riuscivano a partorire fino a  4 gemelli.

Articolo e foto Gabriele Ruffoli