Ghinibaldo, Sapìa e Castiglion Ghinibaldi: ignari protagonisti di una storia travisata (anche da Dante)

Si chiamava Ghinibaldo di Saracino e, a causa del patronimico, viene inizialmente confuso con un membro della senese famiglia aristocratica dei Saracini. Ghinibaldo, in realtà, ha origini ben più umili: il padre, Saracino di Saracinello da Strove, compie un’ascesa sociale ed economica attraverso la progressiva acquisizione di beni fondiari. Ghinibaldo, così, acquisisce la cittadinanza senese e, nel 1240, riveste già il ruolo, importante, di Provveditore di Biccherna.

 

Tuttavia, pur affermatosi in città, Ghinibaldo sposa, infatti, Sapia Salvani, zia di Provenzano e lei sì, membro importante di una delle più rappresentative casate senesi, mantiene un forte legame col territorio, tanto che acquista, nel 1238, Castiglionalto, poi rinominato, Castiglion Ghinibaldi, ed a questa proprietà dedicano le attenzioni maggiori sia lui stesso che la moglie.

Castiglion Ghinibaldi, fin dall’XI secolo, era di proprietà della famiglia dei Lambardi, poi passa ai Vescovi di Siena e ai monaci di Abbadia ad Isola durante il XII secolo. Distrutto dai fiorentini nel 1158 Ghinibaldo e Sapia che, essendo posto lungo la Via Francigena, ne vogliono fare un ospedale ed un ospizio per accogliere viandanti e pellegrini, dicono, per la redenzione dei propri peccati ottenendo, addirittura, (l’atto di fondazione è del 1265) la protezione del Pontefice Clemente IV con due bolle datate 9 e 10 giugno 1265.

Grazie a questo legame con il Papa, nel gennaio 1267, Ghinibaldo viene proposto come podestà di Colle, ma a lui viene preferito l’omonimo senese Ghinibaldo Salvani, fratello di Provenzano.

La tradizione vuole che abbia qui inizio “l’astio” con la famiglia Salvani e Provenzano, oltre al mutamento di fazione politica della coppia. Rancore, forse, immortalato da Dante nella Divina Commedia. Ma si tratta, come spesso accade, più di una affascinante leggenda che di una rivalità sul campo.

La questione, infatti, è molto controversa: inizialmente Sapia e Ghinibaldo sono parte attiva nelle cause politiche della famiglia Salvani; oltretutto, almeno fino al decennio tra le battaglie di Montaperti (1260) e Colle Val d’Elsa (1269), i legami sono buoni al punto che Provenzano, ad esempio, è testimone di nozze al matrimonio di una delle cugine.

Il rapporto pare incrinarsi proprio dopo il mancato incarico a Colle Val d’Elsa e nelle rappresaglie compiute dall’esercito senese in territorio colligiano a seguito delle rivolte dei castelli di Belforte, Monteguidi e Radicondoli, di proprietà dello stesso Provenzano. Alcuni studiosi di Dante ipotizzano, addirittura, che in una di queste rappresaglie (1268) abbia trovato la morte lo stesso Ghinibaldo.

Probabilmente Dante viene a conoscenza della vicenda di Sapia durante il suo mandato come legato fiorentino a San Gimignano, nel 1330, o magari tramite Benuccio di Benuccio Salimbeni, nipote della nobildonna, al quale era legato. Di lei, posta nel Purgatorio, nel girone degli Invidiosi, scrive: “Savia non fui, avvegna che Sapìa fossi chiamata, e fui de li altrui danni più lieta assai che di ventura mia”.

Ma di lei tanto si è detto e scritto.

Castiglion Ghinibaldi, nel XVI secolo, passò ai Piccolomini. Benché più volte rimaneggiato, il castello denota le sue origini medievali nella massiccia mole stretta attorno ad un cortile, nella muratura e nella foggia di molte aperture. Ad una ristrutturazione cinquecentesca appartengono invece le arcate sovrapposte della corte interna, il portale che ne permette l’accesso e la chiesa in laterizi (che da documenti d’archivio sembra prendere il nome di “chiesa di San Ruffiniano”).

Maura Martellucci e Renato Lugarini