Educazione assicurativa: la pace contributiva mi conviene?

Risparmiare non basta: il budgeting e l’educazione finanziaria

Quanti sono coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 che hanno avuto, ad oggi, in questo lungo periodo di tempo, interruzioni lavorative e relativi buchi contributivi da colmare?

Il tema è caldo e importante in vista della vicina scadenza di fine anno, data entro la quale rimane possibile recuperare i periodi di fermo ai fini pensionistici con il vantaggio di guadagnare anzianità contributiva necessaria all’accesso alla pensione.

Per i soggetti interessati siamo in pieno regime contributivo, in virtù dell’applicazione della riforma Dini. Tuttavia, dall’entrata in vigore della riforma pensionistica ad oggi, molto è cambiato nel mercato del lavoro e la facilità con cui si determinano situazioni lavorative ibride, non continuative, che alternano contratti a tempo determinato a periodi di interruzione lavorativa anche di qualche anno, è sensibilmente aumentata.

Tecnicamente parliamo della cosiddetta “pace contributiva”, introdotta, a partire dal 29 gennaio 2019 e ancora in fase sperimentale, con il DL 4/2019 che consente di riscattare fino a 5 anni, anche non continuativi, ricompresi tra il 1° gennaio 1996 e il 28 gennaio 2019.

Per capire come funziona e come si determina il relativo onere facciamo un esempio. Ipotizziamo di avere iniziato a lavorare come dipendenti e a versare contributi previdenziali il 1° ottobre del 2000, incontrando due interruzioni lavorative per le quali non è stato effettuato alcun versamento; una da maggio 2005 fino a dicembre 2006 (19 mesi); l’altra tra ottobre 2017 e dicembre 2018 (14 mesi). Il costo da sostenere per recuperare tutto o parte è calcolato in base alle retribuzioni percepite nelle ultime 52 settimane, precedenti l’operazione. Applicando l’aliquota IVS sul reddito da lavoro relativa, per ipotesi 33% su 20.000 euro lordi, il costo per riscattare un anno sarà di 6.600 euro. Attenzione, però, ci sono alcuni vantaggi fiscali da tener presente. Infatti, in primo luogo, l’onere del riscatto è detraibile dall’imposta lorda in misura del 50%, con una ripartizione in cinque quote annuali costanti dello stesso importo. Quindi, il costo effettivo sostenuto scende a 3.300 euro, con uno sconto fiscale annuo di 660 euro. 

In secondo luogo, si può diluire la spesa fino a 120 rate complessive, d’importo non inferiore a 30 euro, senza applicazione di interesse per la rateizzazione.  

Infine, l’opzione può essere utilizzata in abbinamento con il riscatto agevolato degli anni di laurea, creando continuità tra il corso di studi universitari e l’inizio del primo lavoro.

I benefici che possono derivare impattano sia sull’eventuale anticipo in anni dal mondo del lavoro che sulla misura dell’assegno pensionistico, centrando i requisiti di legge previsti (1,5 o 2,8 volte l’assegno sociale richiesto nel sistema contributivo).

Conoscere le norme e rivolgersi ad un consulente per la valutazione di costi-benefici può fare la differenza, avendo sempre chiaro l’obiettivo prioritario di una migliore qualità della vita in virtù dei tanti cambiamenti che ci riguardano da vicino.

Per i quali la migliore arma rimane la consapevolezza nelle scelte.

Maria Luisa Visione