E se lo stalker fosse lei? Quando il gentil sesso non è poi così tanto gentile.

Sempre più si sente parlare di donne perseguitate e uomini carnefici. Sebbene, secondo molti in letteratura, la maggior parte delle vittime di stalking sono donne e coloro che stalkerizzano uomini, vero è che talvolta le parti si invertono. Quando ciò avviene, cambiano anche le modalità attraverso le quali la persecuzione avviene: tra le “donne carnefici” è stata osservata una minore propensione a mettere in atto comportamenti fisicamente aggressivi e quando questi avvengono, di solito, sono più sottili rispetto ai comportamenti messi in atto da uomini. Prima di descrivere il fenomeno, proviamo a definire l’argomento oggetto di discussione. Che cosa è lo stalking? Può essere considerato una forma di violenza psicologica, che, a differenza di quella fisica, una donna può non avere difficoltà a mettere in atto. Malgrado il numero sempre crescente degli studi fatti in merito, la formulazione di un’univoca definizione del fenomeno si sta rivelando un’impresa assai ardua. Secondo i criteri legali una condotta per essere considerata stalking deve essere capace di suscitare ansia o paura nella vittima. In che modo queste donne aggressive mettono in atto questa condotta? Generalmente utilizzano con minor frequenza modalità fisiche, manifestando la propria rabbia e violenza attraverso minacce verbali, ricatti o, attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, messaggi minatori. Come è possibile evincere, la donna stalker assume un atteggiamento e mette in atto comportamenti meno evidenti, ma per questo non meno sofferenti per chi li riceve. Anche la stalker, come del resto lo stalker, è a sua volta sofferente: proprio a seguito del suo disagio, spesso derivato da una forte dipendenza emotiva, insicurezza, bassa autostima e terrore dell’abbandono, è portata a generare nella vittima, che può essere una “concorrente”, un ex fidanzato o un aspirante tale, il suo stesso disagio, ammorbandolo e trascinandolo nel circolo vizioso della paura. La stalker è generalmente cosciente, cioè sa quello che fa, ma scarsamente consapevole, cioè non realizza a pieno quelle che potrebbero essere le drammatiche conseguenze delle proprie azioni. Generalmente, ammette che le proprie azioni possano essere considerate persecutorie, ma giustifica la sua persecuzione con il suo stare male e persiste nel perseguitare la propria vittima tanto quanto considera giusto punire il soggetto oggetto della sua rabbia. Vuole, in altre parole, annientare il benessere altrui poiché lei stessa non riesce a stare bene. Spesso la stalker coinvolge terze persone, sia al fine di trovare un appoggio pragmatico e un sostegno emotivo, sia indirizzando la propria rabbia verso persone vicine alla persona cui vuole rovinare l’esistenza. Quali motivazioni spingono il “gentil” sesso a mettere in atto comportamenti così poco gentili? Ci troviamo spesso di fronte a fidanzate o mogli lasciate, respinte o tradite. Sono donne insicure che tendono a controllare, e talvolta ipercontrollare la vita degli altri, nonché i propri pensieri e le proprie emozioni. Questo tentativo di controllo quasi sempre non riesce e va a finire che perdono il controllo stesso. Questi pensieri intrusivi, caratterizzati da senso di abbandono, rabbia e dolore, sono spesso accompagnati dal continuo rimuginare che nei casi più gravi pu sfociare nella paranoia. Tutta questa confusione mentale porta infine il pensiero ad avvolgersi su se stesso portando la persona all’interno di una logica del paradosso: vorrebbero riconquistare la persona persa o la persona che non si concede loro ma facendo così si rendono ancora più indesiderabili. Queste sono donne che tendono a sviluppare disturbi ossessivi, talvolta paranoici e quasi sempre tendono ad avere una marcata insicurezza che pu portarle a perdere il senso della realtà: per loro la vita diventa impossibile, pertanto decidono di renderla altrettanto all’oggetto del loro desiderio. Uno dei principali problemi sottostanti la persecuzione tipica nelle condotte di stalking, da un punto di vista legislativo, riguarda l’oggettiva difficoltà a stabilire il limite legale di molti comportamenti messi in atto dagli autori di molestie insistenti. Molti studi hanno evidenziato che, a differenza di quello che si potrebbe pensare, l’avere spiccate capacità sociali e un buon livello socio-culturale non immunizza dal mettere in atto queste condotte. La ricerca in ambito psicosociale inoltre mostra che una varietà di fattori influenza la percezione pubblica della gravità di questo crimine: prevale la scarsa capacità di riconoscere tale esperienza quando l’autore delle molestie aveva avuto una precedente relazione amorosa con la vittima. Paradossalmente, è proprio sotto queste condizioni che viene creato il terreno fertile per perpetrare il crimine stesso. Tuttavia, la tipologia di relazione tra stalker e vittima influenza le conseguenze legali: è emerso infatti che quando l’autore delle molestie è rappresentato da un ex partner le denuncie sono minori. Come si possono riconoscere le situazioni a rischio? In molti suggeriscono che alti livelli di paura percepita nella vittima, a seguito di discussioni con il partner, sono un primo chiaro campanello di allarme. Come abbiamo visto, lo stalking femminile è un processo un po’ diverso da quello maschile. Sicuramente può essere considerato meno manifesto, più lento nella sua attuazione, ma ugualmente pericoloso e portatore di sofferenza per chi lo subisce. Partendo da un’immagine stereotipica, potrebbe essere difficile immaginare che una donna possa perseguitare un uomo con atteggiamenti del genere, ma il fenomeno esiste e si sta diffondendo anche grazie al massiccio utilizzo dei social networks. Le donne potrebbero poi essere più propense a mettere in atto azioni psicologicamente violente perché coscienti e consapevoli che le loro azioni potrebbero essere sottovalutate dagli altri, proprio alla luce dei vigenti stereotipi, e con più difficoltà giungerebbero all’attenzione delle autorità. Le donne stalker esistono e sebbene siano meno propense a perpetuare atti di violenza fisica, ci non vuol dire che lo siano altrettanto riguardo alla violenza psicologica. La violenza psicologica da parte delle donne contro gli uomini, nella cultura occidentale risulta essere meno considerata, meno dannosa, meno condannabile, ma in realtà, esiste. Per stare bene in coppia, è necessario stare bene anche da soli.

Dott. Jacopo Grisolaghi 

Psicologo e Sessuologo – Dottore di Ricerca in Psicologia