Delirio da covid, rientro a scuola (forse) e attese infinite. Male, a tratti malissimo

Ah la legge Basaglia è stato un grande successo sociale e umano ma la provocazione del governatore della Campania Vincenzo De Luca stenta a trovare critiche: il suo “riapriamo i manicomi perché siamo circondati dal delirio da covid” che arriva così bene alle pance degli italiani è la forma di populismo alla quale ormai assistiamo da troppo tempo da parte della politica ma che in questi giorni ci strappa consensi. Perché siamo all’esasperazione. Perché questo grande sistema sanitario non funziona. E perché la speranza che la pandemia avesse insegnato a investire davvero nella sanità, si è frantumata contro investimenti diversi, evidentemente.

Chi scrive non lo fa per sentito dire quindi non ha da inventare casi ed esempi. Il mio, uguale a migliaia di altri: un tampone per scrupolo, col pranzo di Natale alle porte e la famiglia riunita, mi ha portato all’isolamento per positività e al trascorrere tutto il periodo delle Feste chiusa da sola in casa (perché poi il covid birbo è arrivato e si è fatto sentire). Importante, ci si continua a ripetere, è stare bene e grazie anche alla terza dose di vaccino fatta, i sintomi sono stati quelli di una bruttissima influenza, persistente ma niente più. E’ a livello psicologico che la situazione picchia forte.

Quando si inizia a stare meglio, ci si cala nei panni di Penelope, a fare e disfare la tela in attesa di risposte che nessuno pare abbia intenzione di darti. Fuori la situazione esplode e tutto cambia in poche ore, dal tracciamento al sistema di contatto, all’autovalutazione, ai tamponi. Pieno delirio da covid. E quando finalmente la Asl chiama vorresti urlare che così non va bene, che è un caos ma no, in fondo non è colpa degli operatori. Vero, ma nemmeno è colpa mia che al 9 gennaio (dopo 16 giorni) sono ancora prigioniera di un disservizio.

Avrei potuto fare il rapido, sì ma la coscienza e il lavoro che faccio mi portano a scegliere il molecolare per avere certezza di negativizzazione assoluta. Tre giorni dopo, Penelope continua a fare e disfare la tela mentre l’odissea, fuori ma anche dentro le case prosegue.

Domani riapriranno le scuole e venerdì sera (7 gennaio) diversi genitori pronti a riaccompagnare i bambini all’asilo o alle elementari, hanno avuto notizia che questo forse non sarà possibile: per i piccini positivi non basterà infatti l’esito del tampone e il certificato del pediatra per rientrare in classe. Ma da venerdì sera nessun certificato arriva dalla Regione per far sì che quei bambini possano tornare a scuola. Così come, intanto, a tre giorni dal tampone molecolare ancora nessun risultato. Oppure c’è chi ha avuto il risultato ma ancora non ha il green pass. Tantissimi che non potranno rientrare a lavoro. Altrettanti dovranno andare a fare tamponi a chilometri e chilometri di distanza o aspettare tamponi da laboratori di altre province dell’Asl. Penelope continua a fare e disfare la tela ma a un certo punto si esauriscono tutte le possibilità di difendere il sistema sanitario: sono passati due anni e non si può correre ai ripari quando i buoi sono già scappati. C’è bisogno di personale, non di ridurlo. E no, non si venga a dire che le persone a lavoro ci sono. Non sono abbastanza.

Le colpe di un sistema che non funziona non possono pesare sui cittadini.

Penelope, a forza di fare e disfare la tela, ha finito il corredo. E anche la pazienza.

Katiuscia Vaselli