SURE: dopo i soliti proclami chiediamo tempi e modi

L’Unione Bancaria Europea è la posta in gioco

Sotto l’ombrellone della finalità “salvaguardia lavoro” arriva la richiesta del nostro Governo alla Commissione Europea di 28,492 miliardi di euro targati SURE, uno degli strumenti pensati per i Paesi in difficoltà nel sostenere la cassa integrazione dei lavoratori, in momenti straordinari quali l’eredità Covid 19.

A fine luglio, nell’Audizione sulla Relazione al Parlamento e sul Programma Nazionale di Riforma 2020, il Ministro dell’Economia italiana Gualtieri anticipava che erano allo studio interventi per prolungare le misure attualmente in vigore e sostenere la ripresa del mercato del lavoro.

Quando si parla di studio di interventi significa, in buona sostanza, che si sta pensando dove trovare i soldi per far fronte alle necessità. Nell’attuale sistema economico e monetario ci sono due strade praticabili: una, l’emissione di titoli di Stato, con l’effetto di aumentare lo scostamento di bilancio pubblico dai limiti; l’altra, chiedere un prestito, come Stato, all’Unione Europea. 

In entrambi i casi si ricorre al debito, ma cambia il creditore: la Commissione Europea, al posto di risparmiatori privati, altri Paesi, o soggetti istituzionali operanti sui mercati finanziari. Ulteriore differenza è rappresentata dal rating e dal tasso di interesse praticato, che nel caso del ricorso a strumenti quali SURE, dovrebbe essere “agevolato”, cioè migliore, in termini di costo sostenuto, di quello che come Stato si è in grado di offrire sul mercato finanziario per reperire i fondi sulla stessa durata.

Il messaggio che si cerca di far arrivare all’opinione pubblica è che indebitarsi con la Commissione Europea è meglio, tanto che SURE significa sicuro in italiano, oltre che la causa è giusta, ovvero: “Cosa c’è di più sacrosanto che tutelare il lavoro? 

Riepiloghiamo, però, il meccanismo di funzionamento: SURE si attiva a condizione di garanzie volontarie da parte degli Stati membri per un importo di 25 miliardi di euro. Abbiamo chiesto l’attivazione, ma in base alla regolamentazione dello strumento, per chiedere i soldi, dovremmo aver messo a disposizione la garanzia. Attenzione, “lo strumento entra in funzione una volta che tutti gli Stati membri si sono impegnati in relazione a tali garanzie”.

Ci aspettiamo, quindi, nei prossimi giorni, oltre ai soliti proclami, di sapere: a che punto è la costituzione dei fondi SURE, quanto abbiamo versato in garanzia, quanto hanno versato gli altri, e soprattutto “quando” ci darebbero questi soldi, perché qualsiasi economo sente puzza di bruciato se si batte cassa verso un sistema, che ad origine, ha stabilito che la richiesta di assistenza finanziaria deve passare dalla verifica della Commissione Europea tramite consultazione con lo Stato richiedente, dalla proposta di decisione del Consiglio Europeo e dalla relativa approvazione.

Inoltre, la garanzia collettiva di 25 miliardi di euro è a fronte di 100 miliardi erogabili, al massimo, quindi, stiamo dichiarando un’urgenza importante, più di 28 miliardi, per la quale “ci salverà l’Europa”, come ho già scritto nelle scorse settimane.

Perché signori la politica ha le sue armi e le sue parole, e pure se siamo ad agosto, tutto ha un costo, e soprattutto, molti italiani verificano le informazioni, anche in vacanza. 

Maria Luisa Visione