Ricostruiamo la cultura dell’abbondanza economica

Due linguaggi profondamente diversi quello dei politici governanti e quello delle persone.

Il Ministro dell’Economia dichiara che ci sono tutte le risorse per gli aiuti che, tassativamente, devono arrivare, in prossimità di nuove restrizioni e chiusure.

Ma il suo linguaggio non è in linea con le persone che scendono per strada e manifestano preoccupazione, insostenibilità, disagio. La sua comunicazione riguarda i conti pubblici, per i quali il rimbalzo del terzo trimestre del PIL italiano del 16,1%, inatteso per la reattività e la cifra importanti, fa quadrare le previsioni di bilancio, almeno per adesso. Tanto che l’affermazione “Abbiamo margini per un quarto trimestre molto negativo”, sinceramente risponde alla manovra di bilancio ma non alle necessità della gente.

Chi non è in cassa integrazione e non ha ancora ricevuto né aiuti, né ristori non credo abbia margini per un quarto trimestre negativo. Nemmeno chi ha ricevuto qualche forma di sostegno, tra nuovi finanziamenti e sospensioni dei precedenti debiti, credo abbia margini, se andrà incontro alla riduzione del fatturato che si prospetta. Rimane aperto l’interrogativo dei consumi natalizi sui quali poter contare oppure no fa una bella differenza, ma il quadro non è ottimista. 

Di fatto, la domenica che era il giorno di festa per eccellenza, si passa a chiederci se arriva un nuovo DCPM, vivendo all’erta, di fronte al pericolo imminente che “a partire dal” cambiano le regole e occorre attrezzarsi. Sulla bilancia abbiamo la salute e la libertà, e forse nessuno di noi credeva, fino a poco tempo fa, di dover pensare a cosa scegliere.

Così l’economia diventa andare a tagliare i capelli o a fare il colore prima che ci chiudono, fare l’aperitivo alle cinque del pomeriggio, allenarsi a casa, spostare le cene fuori ai pranzi fuori, se si può.

Una cultura che, seppur obbligata dalla pandemia in corso e dal senso di responsabilità, è una cultura che si allontana dall’abbondanza economica e si avvicina alla scarsità delle risorse.

Paradossalmente in linea con questo virus che ti rende scarsa l’aria per respirare quando attacca.

Ogni volta che mi trovo in una strada che magari non percorrevo da un po’ c’è un negozio chiuso. 

Venti anni fa, invece, trovavo sempre negozi di prossima apertura, ma anche dieci anni fa, tutto sommato, meno, ma li trovavo. Sono passata in una via del centro ed ho visto allestire una nuova bottega; ho pensato “Che coraggio!”. Perché ci vuole coraggio per non smettere di costruire un futuro migliore, per essere più forti delle circostanze.

Non è possibile prevedere in quanti, tra attività economiche e lavoro, resisteranno, almeno fino a marzo.

Vorrei però invitarvi a riflettere che quando si perdono le attività produttive, come in questo caso, perdiamo tutti. La soluzione economica è solo avere la possibilità di spendere a deficit, senza vincoli.

Spendere bene, controllare, sostenere veramente, non a parole, l’economia del Paese per consentire ai vulnerabili di non diventare ancora più fragili e ai meritevoli di andare incontro a opportunità e realizzazione.

Siamo un grande popolo e faremo la nostra parte, tra volontari e solidarietà.

Ricostruiamo la cultura dell’abbondanza economica.

Maria Luisa Visione