Recovery Plan: poche risorse dedicate all’occupazione giovanile

Come il lavoro occasionale influenza la prestazione pensionistica

Archiviato, almeno anagraficamente il 2020, lo sguardo si rivolge con fiducia e speranza all’anno appena iniziato.

Nei prossimi giorni e mesi uno degli argomenti principe sarà l’attuazione del programma Recovery Plan, dal momento che per far ripartire l’economia ci vogliono i soldi, e i 196 miliardi di euro messi in cantiere nella bozza di programma presentata all’UE, sono lo step a cui si guarda con favore per la ripresa.

L’impatto economico più drammatico della pandemia che contiamo, ad oggi, è costituito dalla riduzione dell’occupazione, con altri due effetti negativi significativi: l’aumento della disoccupazione giovanile e la perdita importante di lavoro autonomo. Un Paese senza giovani lavoratori e senza imprese non può avere futuro.

Lo schema italiano di ripartizione delle risorse del Recovery Plan che copre il periodo 2021-2026, intercetta questa criticità e mira ad allineare, entro la fine del decennio, cioè entro il 2030, il tasso di occupazione italiano con la media dell’UE, con un focus particolare sulla riduzione della disuguaglianza lavorativa di genere. Gli strumenti chiave individuati in questa direzione sono il miglioramento delle competenze, soprattutto digitali e tecnologiche, necessarie per la transizione ecologica, ovvero per il modello di base Green, identificato come nuovo modello economico e sociale di sviluppo su scala globale. 

La ripartizione proposta in aree tematiche di intervento, che non ha subito particolari modifiche di rilievo nell’ultima bozza di fine dicembre, è la seguente:

1. Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura: 24,9%.

2. Rivoluzione verde e transizione ecologica: 37,9%.

3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile: 14,1%.

4. Istruzione e ricerca: 9,8%.

5. Parità di genere, equità sociale e coesione territoriale: 8,7%.

6. Salute: 4,6%.

Rimanendo sul tema di questo articolo, i soldi dedicati ai giovani e alle politiche del lavoro sono 3,2 miliardi di euro, cioè l’1,6% e quelli riguardanti il sostegno all’occupazione femminile, inclusi nella “missione” (così è chiamata nel piano) Parità di genere 4,2 miliardi, il 2,1%.

Va da sé che se digitiamo nel documento la parola “occupazione” la troviamo tantissime volte, in quanto l’intento è che gli interventi previsti nelle diverse aree tematiche inneschino un circolo virtuoso che si traduca in aumento del lavoro.

La domanda che dovremmo porre a questo punto è: Quando? Visto che, nelle dichiarazioni, portarsi ai livelli europei in dieci anni significa per la disoccupazione giovanile ridurre il divario attuale che vede l’Italia a circa il 30% contro la media UE del 17%.

Questi sono i dati. All’inizio di un nuovo anno occorrono buoni propositi. Ma occorre anche cambiare atteggiamento economico. Seppur credo che non ci sia economia senza emozione, per ricostruirla la base economica vera, dopo le conseguenze negative ancora in corso dipanatasi in questi mesi, occorre rimanere razionali e vigili.

Non è una questione politica farlo, è una questione civile.

Un Paese senza giovani lavoratori è un Paese senza futuro.

Maria Luisa Visione