Primo trimestre 2018: i bilanciati fermano la crescita dei PIR

Primo trimestre 2018: i bilanciati fermano la crescita dei PIR

Da gennaio a marzo del 2018, l’intera industria italiana del risparmio gestito ha chiuso con un rallentamento della raccolta. In comparazione a quanto fatto registrare nei tre mesi precedenti del 2017, cala sia il patrimonio che la raccolta netta.

Da gennaio a marzo del 2018 i Piani Individuali di Risparmio hanno generato un flusso di poco inferiore ai 2 miliardi di euro, di cui però gran parte sono di nuova istituzione, mentre una piccola percentuale riguarda l’adattamento successivo alla normativa sui PIR di inizio 2017. I dati degli ultimi tre mesi del 2017 evidenziavano una crescita sostanziale con una raccolta superiore ai 3,30 miliardi di euro, confermando il trend positivo dell’interno 2017.

Il successo dell’iniziativa lanciata dallo Stato nel 2016 è andato ben oltre le aspettative di Assogestioni, soprattutto in virtù di tutta la serie di vantaggi che il legislatore aveva pensato per attrarre gli investimenti dei risparmiatori, indirizzandoli verso le aziende di piccola e media entità presenti sul territorio nazionale. Imitando un modello già presente in Francia e Regno Unito e in grado di riscuotere un discreto successo, il Governo ha istituito questi contenitori giuridici molto flessibili sia in merito alle forme che ai prodotti finanziari. Per accedere agli sgravi fiscali proposti, però, il risparmiatore deve detenere i suoi PIR per un periodo minimo di cinque anni, rispettando al contempo una precisa conformazione del portafoglio.

Ogni emittente non può infatti ricevere più del 10% dell’investimento complessivo, con la percentuale che sale al 30 per gli strumenti liquidi. Il 70% del capitale deve poi essere destinato ad aziende che abbiamo sede in Italia o domicilio nello Spazio Economico Europeo (SEE) con stabile organizzazione entro i confini nazionali. Di questa quota, il 30% dovrà essere riservata a strumenti legati ad aziende non quotate nell’indice Ftse Mib della Borsa Italiana, ossia quelle più dimensione più piccola, nonché quelle più soggette alle evoluzioni del mercato. Gli esperti hanno però constatato che spesso era maggiore il numero di investimenti rispetto alle aziende che avevano immesso sul mercato le proprie azioni, anche a causa del cronico scetticismo delle piccole realtà economiche – spesso a conduzione famigliare – a far partecipare investitori esterni.

Nel complesso, sono stati gestiti al 31 marzo 17,53 miliardi dai 33 gruppi che propongono ai clienti i 68 fondi aperti pir compliant, con una crescita di 1,53 miliardi, decisamente più lenta rispetto alle nuove stime e ai periodi precedenti. Va specificato, però, che la maggior parte delle quote gestite sono state destinate ai fondi comuni, che però raccolgono meno della metà rispetto al dicembre 2017, quando si gestivano 19,4 miliardi. Scendono a quota 4,38 miliardi, invece, le gestioni di portafoglio, che hanno perso 2,62 miliardi in comparazione al trimestre precedenti.

Guardando alle singole categorie dei fondi, invece, il temuto rialzo dei tassi d’interesse ha comportato il crollo degli obbligazionari. I fondi bilanciati riescono a mantenere gli standard precedenti, ma a trainare l’intero settore sono i flessibili, che continuano a crescere trainando l’intero settore. Il trend positivo di questi prodotti è infatti legato alle continue incertezze del mercato: in questa situazione, infatti, i risparmiatori ricercano soluzioni finanziarie in grado di ottenere performance positive in qualsiasi condizione sfruttando il rendimento assoluto. Ne risentono appunto i PIR, che pur continuando a raccogliere buoni consensi, non mantengono il trend di crescita terminato nel dicembre scorso.