Non solo reddito di cittadinanza

Non solo reddito di cittadinanza

In attesa che si apra con l’UE un dialogo costruttivo, l’orientamento della Nota di aggiornamento al DEF 2018, sembra rafforzare la funzione di welfare dello Stato e, rivedere decisioni e misure legislative che non hanno avuto effetti economici positivi, in passato, ma anzi, hanno ampliato il divario tra la soglia di povertà e l’equilibrio economico dell’Italia. Di fatto, come riporta la Relazione del Ministro Tria alla Commissione Europea, Il prodotto in termini reali dell’economia italiana non ha ancora pienamente recuperato il livello pre-crisi del 2008. E questa è la sostanza su cui deve intavolarsi qualsiasi discussione: la crescita non è sufficiente, le politiche precedenti, basate sui vincoli contabili, non hanno funzionato nel mondo reale.

Oggi far ripartire l’economia è un sentiero tortuoso che passa da interventi veri di rilancio degli investimenti pubblici e privati e del mercato del lavoro, prendendo anche atto di una nuova realtà. Dal 2008 ad oggi la rete di protezione sociale nel nostro Paese è più debole, siamo in media più poveri e più disoccupati di ieri. Voglio focalizzare il ragionamento economico di partenza sulle pensioni.

Le pensioni vigenti in Italia a gennaio 2018 sono circa 18 milioni; di queste più di 11 milioni hanno un importo inferiore a 750 euro e solo il 44,3% beneficia di prestazioni legate a requisiti reddituali bassi (fonte Inps). Se oggi la pensione minima ammonta a 507 euro, con la pensione di cittadinanza, significa aumentarla di 273 euro per darle dignità sociale. Ora, proprio su questo anche il Consiglio d’Europa ha espresso un giudizio incontestabile nell’analisi del rispetto dei diritti sociali del periodo 2012-2015 dichiarando che “L’ammontare minimo delle pensioni versate alle persone anziane in Italia è manifestamente insufficiente per una gran parte di loro perché si situa al di sotto della soglia di povertà”. 

Non sempre viene ricordato che esiste il provvedimento A8-0292/2017 approvato dal Parlamento Europeo che garantirebbe l’utilizzo del 20% della dotazione complessiva del Fondo sociale europeo (FSE) a questo fine.

Ora, il mio parere, è che alcune misure, se ci riteniamo un Paese civile, sono inevitabili. E, in effetti, nella Nota di aggiornamento si legge che “la pensione di cittadinanza sarà prevista per le persone che vivono al di sotto della soglia minima di povertà e verrà modulata tenendo conto della situazione complessiva dei nuclei familiari, anche con riferimento alla presenza al loro interno di persone con disabilità o non autosufficienti”. Su queste misure uno Stato deve poter avere autonomia contabile e indipendenza.

Perché la differenza con il reddito di cittadinanza è netta. Se, infatti, alla funzione di sostentamento economico non si associa una partecipazione attiva nel mondo del lavoro, tale misura di reddito, anziché essere un volano per aumentare l’occupazione, diventa inefficace. Affinché ciò accada, però, ci sono due presupposti: uno è il comportamento corretto di chi ne usufruirà nel non volere assistenza e, quindi, per funzionare deve esserci un adeguato sistema di verifica e controllo dei comportamenti; l’altro è fare in modo che l’importo di 780 euro diventi una soglia minima di transizione per alcuni lavori, consentendo di non stare a casa per essere assunti successivamente a un salario superiore.

In sostanza, deve tradursi, su una maggiore occupazione reale.

Maria Luisa Visione