L’inflazione che non ti sai spiegare

L’inflazione che non ti sai spiegare - Maria Luisa Visione

Inizia l’anno e vado a comprare il solito panino per il pranzo del giorno.

Il prezzo è aumentato in termini assoluti di mezzo euro, che vuoi che sia. Ma rispetto a fine 2018, facendo il calcolo, mi accorgo che spendo il 12,5% in più. In effetti, quando si parla di crescita delle retribuzioni il riferimento è al netto dell’inflazione, perché per quantificare se ci sono variazioni nel potere di acquisto, si tiene conto del cosiddetto reddito reale. Quindi, a fronte di tale crescita del prezzo del mio panino, per poter acquistare la stessa quantità di beni e servizi dell’anno precedente, il mio stipendio di quanto dovrebbe essere cresciuto?

Cerco un po’ di dati e trovo che nell’UE il reddito disponibile delle famiglie dal 2000 al 2016 è aumentato di circa il 18%, ovvero dell’1% in media all’anno. La spesa per beni alimentari delle famiglie, in media, rappresenta il 12% del totale, una parte importante.

La difficoltà di comprendere i dati è sempre quella di avere dei numeri medi che non è detto che siano rappresentativi della situazione individuale. Di fatto l’inflazione si mantiene al di sotto del 2% della soglia strutturale stabilita in Ue per mantenere la stabilità finanziaria e i salari reali non crescono di certo, basta fare un confronto con lo stipendio dell’anno precedente.  Sembra davvero che l’economia, per la maggior parte delle persone, sia diventata un paradosso. 

Se aumentano le preoccupazioni di Banca d’Italia su una possibile recessione, possiamo aspettarci che la disoccupazione non diminuirà, né aumenteranno i redditi. E l’inflazione, indipendentemente dal resto, sappiamo che rimarrà moderata. Quindi, ipotizzando che il livello generale dei prezzi aumenterà al massimo del 2%, di quanto diminuirà il potere di acquisto della nostra moneta? Secondo il prezzo del mio panino, se avevo 100 euro l’anno scorso compravo 25 panini, oggi, 3 in meno. Dai dati OCSE, però, nel 2017, la crescita degli stipendi era solo del 2,1%.

Il punto chiave allora è che, se va bene, la crescita del reddito non compensa il carrello della spesa. Così, la domanda semplice è: “Perché gli stipendi non crescono?”.

Alcuni studi economici dicono a causa della mancanza di aumento della produttività che nel nostro Paese è stagnante da 15 anni; altri, a causa delle competenze tecnologiche per le quali si è disposti a pagare di più, che risultano ancora deboli per molti lavoratori italiani. Rimane il fatto che, se non crescono gli occupati in modo stabile non può crescere il livello dei salari, dato che pur di lavorare si è disposti ad accettare bassi stipendi. E per aumentare il numero di occupati, occorre fare investimenti, sia privati che pubblici.

Tuttavia, anche se tra gli economisti spesso si è in disaccordo, è innegabile che dal 1960 ad oggi, i ritmi di crescita della ricchezza dell’Italia si sono quasi azzerati e c’è un vistoso gap nel periodo che va dal 2000 al 2018, a favore del dato medio dell’Europa. 

La mancata crescita della nostra ricchezza reale resta il problema principale da risolvere e gli investimenti rimangono alla base dello sviluppo economico. 

Quindi, dato che l’inflazione nel 2019 è prevista all’1%, mi chiedo, l’anno prossimo quanto mi costerà il panino?

Maria Luisa Visione