La previdenza complementare: a che punto siamo?

La previdenza complementare: a che punto siamo?

Nell’attuale contesto economico e sociale emerge con forza l’esigenza di affiancare lo Stato e gli altri operatori pubblici nella copertura dei bisogni e dei rischi connessi all’erogazione delle prestazioni pensionistiche. Forse non è un caso che proprio l’Inps, nel simulatore fornito ai cittadini La mia pensione, ci ricorda che esiste da anni la possibilità di integrare la previdenza pubblica con forme di previdenza complementare.

Il modello di Welfare al quale tendiamo si concretizzerà sempre di più nella cooperazione tra soggetti pubblici e privati e, la soddisfazione del benessere di ognuno nella fase di ritiro dal lavoro, dipenderà anche dalla responsabilità individuale.

Rimane affidato allo Stato il ruolo essenziale di controllare la correttezza e l’efficienza del funzionamento dell’intero settore della previdenza esercitata da soggetti privati, a tutela e nell’interesse dei partecipanti. In Italia, l’autorità istituzionale di vigilanza è la COVIP, nata nel 1993 e operativa dal 1996. Le forme di previdenza complementare alle quali aderire sono: i fondi negoziali, i fondi aperti e i PIP (piani individuali pensionistici).

Se è davvero così chiara da tempo la necessità di rivolgersi anche al settore privato per costruire il proprio benessere futuro, a che punto siamo? Quali sono i numeri della previdenza complementare?

Alla fine del 2015, le adesioni ai fondi negoziali sono in crescita del 13,4% rispetto al 2014 (7,3 milioni al netto delle uscite). Nello stesso periodo di rilevazione, l’aumento degli iscritti per i fondi aperti è di 8,8 punti percentuali, mentre per i PIP è di 10,1 punti percentuali.

Tuttavia, per avere un quadro puntuale e completo, bisogna considerare sia il numero dei lavoratori che si iscrivono, che il numero di coloro che effettivamente versano.

Su oltre 22 milioni di occupati gli iscritti alla previdenza complementare nel 2014 sono meno del 30% e, come si evince dalla relazione della COVIP dello stesso anno (www.covip.it), circa il 24% del totale iscritti non ha versato (percentuale in aumento rispetto al 2013). E’ significativo che, dei non versanti, il 18% aveva una posizione individuale nulla o irrisoria (al di sotto di 100 euro). Inoltre, il fenomeno delle interruzioni contributive è accentuato per i lavoratori autonomi e per fondi aperti e PIP.

Emerge quindi la difficoltà di portare a termine i buoni propositi e credo che sia ancora molta la strada da percorrere, oltre che sulla sensibilizzazione, anche verso la consapevolezza individuale nella costruzione di veri percorsi di consulenza previdenziale, dove la differenza per ottenere un risultato è orientare gli individui ad attuare comportamenti funzionali all’obiettivo di avere una rendita vitalizia.

In questa direzione fa riflettere il fatto che le trasformazioni in rendita in Italia sono un fenomeno quasi inesistente. Nel 2014, di 12.204 persone che avevano maturato il diritto alla prestazione, solo 39 hanno scelto la rendita, mentre ben 12.165 hanno preferito il capitale.

Spostare il focus sui consumi futuri deve essere il driver che conduce alla determinazione della rendita come unica risposta all’esigenza pensionistica.

Maria Luisa Visione

Link per consultare l’ultima relazione annuale COVIP fonte dei dati:

Fai clic per accedere a 1434012965RelazioneAnnuale2014.pdf