l ruolo della banca prima e dopo la crisi, evoluzione o involuzione? due generazioni professionali di addetti ai lavori a confronto.

La ricchezza degli italiani nell’ultima relazione annuale di Banca d’Italia

Concordiamo con quello che ha affermato il Dr. Gronchi (Direttore di Banca Toscana, Dirigente Centrale e Provveditore Generale di MPS e successivamente di Banca Popolare Italiana, AD della Cassa di risparmio di S. Miniato), il sistema bancario è un organismo dinamico in continuo movimento ed evoluzione che si adatta alla situazione sociopolitica internazionale. Sono da annoverare dalla seconda metà del 900 ad oggi tre cambiamenti che hanno mutato il sistema bancario radicalmente.

Fino agli anni 60 la banca svolgeva come attività principale la raccolta e gli impieghi sulla clientela con vincoli operativi imposti da Accordi interbancari che fissavano i tassi massimi da corrispondere sulla raccolta e minimi da percepire sugli impieghi. La formazione del personale era incentrata sui crediti. Dal 62 vennero ammessi i depositi interbancari ed era possibile negoziare i Buoni Ordinari del tesoro, segno che stava ad indicare una separazione tra il Tesoro e la Banca d’Italia. Fu questo un periodo di grande fermento che vide anche un aumento della concorrenza nel sistema creditizio, ma senza modifiche strutturali nei modelli, nel ruolo e nelle competenze del Personale Direttivo. Nonostante queste ultime affermazioni era aumentata sia la complessità del lavoro che l’importanza della figura del Tesoriere.

Il secondo mutamento che andremo a enunciare riguarda le prime due Direttive bancarie europee (1977, 1989). In Italia la prima direttiva fu recepita otto anni dopo la promulgazione in Europa, mentre la seconda direttiva fu recepita nel 1992. I temi trattati dalle due direttive erano rispettivamente: libertà di stabilimento in Europa e la disciplina delle licenze bancarie, la competenza di Vigilanza dello Stato di origine e la configurazione dell’Ente creditizio come operatore unico. Ci fu una riaffermazione del carattere imprenditoriale dell’attività bancaria che ha messo fine a quella visione di pubblici ufficiali che si era creata attorno ai dipendenti delle banche pubbliche. Questa natura d’impresa venne ribadita anche nel testo unico del 93 assieme alla concorrenza, l’efficienza, la stabilità e la sana e prudenziale gestione. Operativamente parlando si assiste ad un’evoluzione, in particolar modo l’istruttoria dei fidi, che dagli anni 30 non aveva particolari innovazioni, subì modifiche sia per l’accentramento decisionale che per il frazionamento della stessa e sia per la gestione dei crediti quale portafoglio unico o settorizzato. Dunque, fino agli anni 2000 il personale direttivo aveva ancora un ruolo importante anche se erano già operativi programmi informatici idonei a consentire il governo ed i controlli accentrati che affievolivano sempre più il potere dei titolari delle filiali.

L’ultima fase di questa evoluzione comincia all’inizio del 2000 dove all’interno della Tesoreria venne rivoluzionato l’intero impianto, essa avrebbe dovuto rendere compatibili e coerenti i flussi derivanti dai depositi e dagli impieghi (sia a breve, a medio che a lungo termine) provenienti dalle filiali neutralizzando il rischio di interesse tramite i derivati e provvedendo piani di emissione di obbligazioni sui mercati finanziari internazionali. In questo periodo l’attività di gestione era caratterizzata da una normativa BCE e Bankit invasiva che incideva sulla governance, sui capitali minimi necessari e pesantemente sui controlli; da una riduzione dei costi, necessaria a far fronte alla carenza dei margini da interessi; da una carenza professionale del personale dovuta sia ai punti precedenti che alla inadeguata preparazione. Tutto questo portò alla nascita di nuove figure professionali come il Risk Manager e alla riduzione dell’operatività di altre, questi tra cui i titolari delle filiali. Quest’ultimi hanno avuto una riduzione dell’autonomia, limitandola all’assistenza creditizia delle famiglie e delle piccole imprese inoltre l’accentramento dell’analisi dei bilanci presso i laboratori fidi, il ritorno di flusso della Centrale Rischi e l’elaborazione del rating a livello centrale hanno ridotto il loro margine di valutazione e ridotto la loro operatività alla richiesta di fido e all’illustrazione dell’andamento degli affidati. Si può ben capire che l’operatività ha avuto un accentramento sempre maggiore, dove l’alta direzione guida attraverso procedure sempre più sofisticate lo svolgimento delle operazioni.

Oggi il ruolo dei titolari delle filiali è sempre più spesso relegato a dirigere e sovrintendere il personale addetto alla filiera a cui sono addetti, a fare pressioni per il raggiungimento degli obiettivi assegnati. Per cui si è lontani dal ruolo imprenditoriale che si sollecitava negli anni passati. Questa tendenza in atto continuerà anche nel futuro, accentrando competenze e responsabilità sempre più nei manager delle Direzioni Generali.

(1)                                         (2)  

“I grafici precedenti mostrano la situazione socioeconomica italiana precrisi (1) e post crisi (2) e il ruolo svolto dalla banca in questo sistema. Prima della crisi economica del 2008 la situazione socioeconomica italiana era riassumibile come una piramide dove al vertice erano collocate le persone con stipendi elevati, al centro chi percepiva un reddito medio e alla base colore che possedevano un reddito basso, in questo caso la banca fungeva da trampolino di lancio per tutti quei soggetti che investendo su se stessi o sulla propria attività riuscivano ad elevarsi dalla fascia bassa alla fascia media quindi il sistema bancario svolgeva un ruolo di aiuto nei confronti della massa. Oggi invece, lo scenario è molto diverso e rappresentabile sotto forma di clessidra dove le fasce di reddito sociale sono rimaste pressoché invariate, la variazione maggiore è nel ruolo svolto dalla banca dove adesso invece di aiutare le persone a migliorare la propria condizione economica spinge la fascia media verso il basso riducendo ancor di più il gap differenziale tra coloro che stanno in alto e la massa che sta alla base.”

Concludendo gli spunti forniti dal Dr. Gronchi possono risultare utili per tutti noi, per meglio comprendere le attuali problematiche, con il contributo di analisi di una persona che ha vissuto “da di dentro” e certamente da un osservatorio elevato i principali avvenimenti bancari degli ultimi anni. Rimane evidente che il problema ha anche altre sfaccettature, anch’esse importanti e fondamentali, non trattate nel contributo allegato che è poi il tema delle banche più in generale va visto anche nella complessa evoluzione storica delle vicende economiche de nostro paese e non solo, oltre che degli avvenimenti politici italiani e internazionali caratterizzanti il periodo preso in esame. Io credo che la banca e le persone che, a vario titolo e livello hanno fatto e fanno LA BANCA continueranno ad avere un ruolo non secondario nella gestione delle crisi e nello sperabile sviluppo economico del paese. LE condizioni strutturali della nostra economia reale non consentono di marginalizzare il ruolo degli istituti di credito e dei responsabili che gestiscono il credito a tutti i livelli. La mia personalissima visione è che la stagione attuale oltre ad una crisi economica che tutti ben conosciamo è rappresentata da una crisi di valori e di professionalità diffuse: si può uscire dalla crisi non con soluzioni miracolistiche che purtroppo non esistono nemmeno nella “fantasia creativa” degli attuali politici governanti dell’Italia, dell’Europa e del mondo, ma con una forte decisa assunzione di responsabilità, a tutti i livelli e fino in fondo. La stagione di una nuova assunzione di responsabilità in linea con i valori fondanti che non sono e non possono essere di parte (in un economia libera), almeno per le persone sinceramente ispirate e quindi in buona fede: le considerazioni e le conclusioni sono nella cultura e nella coscienza professionale di ognuno degli addetti ai lavori sapendo che la struttura è governata da uomini che con la loro coscienza professionale e cultura di impresa debbono affrontare e gestire le sfide anche quando queste, per circostanze esterne ingovernabili, si fanno più complesse e difficili.

Articolo a cura del Dott. Gianfranco Antognoli e del Dott. Fernando Cruz