Industria alimentare italiana: patrimonio identitario, culturale e occupazionale che si fa welfare dei consumi

La maggior parte degli Italiani ha fiducia nella propria industria alimentare, senza distinzioni particolari dovute al territorio, al titolo di studio o all’età. Fiducia trasversale che testimonia l’idea, per più dell’80%, di un’industria in cui i benefici sono di gran lunga superiori ai costi: percezione di valore sociale e di potenza economica, che porta verso il riconoscimento di un vero e proprio patrimonio, identitario e culturale (Fonte: Rapporto Federalimentare-Censis, 2023).

Ecco i numeri: fatturato di 179 miliardi di euro, 60 mila imprese, 464 mila occupati e oltre 50 miliardi di export in valore in un anno; un primato ineccepibile, in crescita negli ultimi dieci anni.

Perché l’industria alimentare italiana rappresenti un patrimonio nazionale da tutelare e valorizzare lo raccontano proprio i dati del PIL; insieme alla filiera del cibo, l’industria alimentare cuba una spesa interna in Italia pari al 16,6% della spesa totale, superando la media dell’Ue (16,1%), la Francia (15,7%), i Paesi Bassi (13,9%), e la Germania (13,4%). Inoltre, il suo radicamento territoriale genera un livello occupazionale importante, ed esprime la capacità di portare l’italianità nel mondo grazie alla permanenza nel nostro Paese di tanti marchi storici, decisivi per lo sviluppo locale e nazionale.

Dati che raccontano anche le nostre abitudini di consumo; la responsabilità principale della spesa alimentare appartiene alle donne (70,7%; gli uomini si fermano al 47,4%), in misura addirittura superiore per quelle che lavorano (73,5%). Piace variare le pietanze tra pranzo e cena e tra i vari giorni della settimana; rispondere a gusti, esigenze, preferenze di tutti i membri della famiglia; beneficiare di promozioni, offerte e sconti. Criteri di acquisto che, insieme alla facilità e alla disponibilità dei prodotti preferiti, guidano verso il luogo dove fare la spesa; pensate che l’89,7% del campione considera importante un’etichettatura semplice, con informazioni comprensibili e verificabili.

Qualche curiosità sullo stile alimentare; gli Italiani si definiscono in modi diversi: abitudinari, piuttosto che innovatori, salutisti, appassionati, italianisti, convivialisti, o goderecci. Insomma, il cibo a tavola identifica e distingue ognuno di noi, facendo emergere un approccio culturale pragmatico e l’attenzione verso la qualità della vita.

Non si tratta, però, soltanto di pragmatismo perché i valori etici e sociali sono altrettanto importanti quando si va a tavola, tanto che si è disposti a rinunciare se i prodotti: sono potenzialmente dannosi per la salute (66,7%); non sono in linea con criteri di sicurezza alimentare (52,6%); non rispettano l’ambiente (43,3%) e, la cui produzione non tutela i diritti dei lavoratori e dei fornitori (35,6%).Infine, per il 90,7% degli Italiani mangiare bene contribuisce al benessere psicofisico. Pur quando il controllo del budget familiare è rigoroso, non si rinuncia alla qualità del cibo, e ciò è possibile proprio grazie all’offerta ampia, articolata ed economicamente sostenibile per le famiglie dell’industria alimentare italiana.

Un patrimonio che si fa welfare dei consumi nei tempi difficili, per tutti.

Difendiamolo e siamone orgogliosi.

Maria Luisa Visione