Dove sono i particolari delle riforme a cui è soggetta l’erogazione del Recovery Plan?

Le diverse velocità dell’Europa

L’ho già scritto e lo ribadisco: Draghi ha la funzione di esecutore e deve traghettare il nostro Paese verso quelle riforme strutturali che sono condizione sospensiva necessaria per avere i soldi e che saranno lo spartiacque di verifica negli anni a venire, per continuare nell’attuazione del progetto UE. Su questo punto più volte ho osservato che ancora manca l’Unione Bancaria e che “di riffa o di raffa” lì ci vorranno portare. Per quanto ai più “non tecnici” questo aspetto possa sembrare irrisorio, è, invece, un aspetto di sostanza, in quanto avrà come esito consegnare l’ultimo briciolo di autonomia e sovranità nazionale che ancora esiste sulle banche italiane, perché, tramite il Meccanismo di Risoluzione Unico, il relativo Comitato, cioè la BCE, potrà decidere se una banca deve chiudere o meno nel giro di una settimana.

Detto questo, torniamo al Recovery Plan tanto atteso e ormai impacchettato in linea di massima sul quale l’aspetto vero da mettere in evidenza non è come sono ripartiti i soldi, ma quali riforme dovremo fare per averli e continuare ad averli. Ricordiamo, infatti, che le tranche successive sono soggette alla verifica di aver fatto i compiti.

Alcuni paletti sono stabiliti a monte, mi riferisco ai parametri fissati dai regolamenti europei che prevedono una quota di progetti “verdi” pari al 40% del totale e di progetti “digitali” pari al 27%; quindi, siamo al 67% sul totale stabilito ex ante. Il Governo ci tiene a sottolineare che il 40% delle risorse totali andrà al Mezzogiorno, nel segno dell’inclusione, della parità di genere e del contrasto alla povertà, al fine di raggiungere un riequilibrio territoriale. In sostanza la ripartizione sarà: Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura 40,7 miliardi di euro; 59,3 miliardi per Rivoluzione verde e Transizione ecologica; 25,1 miliardi a Infrastrutture per una mobilità sostenibile; 30,9 miliardi per Istruzione e Ricerca; 19,8 miliardi per Inclusione e Coesione, 15,6 miliardi per la Salute. Le riforme riguarderanno Pubblica Amministrazione, Giustizia, Semplificazione della legislazione e Promozione della concorrenza. Per la riforma fiscale, importantissima, non ci sono i particolari, ma solo l’impegno a presentare Legge delega al Parlamento entro il 31 luglio 2021. 

Inoltre, va osservato che, seppur si possono ancora presentare modifiche al Recovery Plan prima del 30 aprile, venerdì, è evidente che il Recovery Plan è bell’è fatto e l’alternativa di non votarlo non raccoglierebbe il parere favorevole di nessuno. Quindi, di fatto il tempo per cambiarlo in Parlamento non c’è. A mio parere il vero punto della questione non è dove vanno i soldi perché è la linea rossa che li collega che va vista, e cioè che vanno nella direzione di restituire la responsabilità della funzione di Welfare ai cittadini, nel nome del libero mercato e della competitività. Direzione indicata nelle norme europee da quasi 30 anni. Il vero punto è vedere i particolari delle riforme sostanziali che richiede l’UE, particolari che ad oggi non abbiamo ancora, ma che saranno il vero esito dell’essersi indebitati con l’Europa, anziché emettendo Titoli di Stato italiani.

Dico questo perché nessuna ripartizione potrà mai soddisfare gli interessi di tutti e si assiste nel complesso a una politica che continua a dividere, ma non unisce.

Un esempio è dato dalle riaperture, non per tutti, ancora una volta, non allo stesso blocco di partenza. Decisione che per alcuni significa chiusura certa.

Così mentre si proietta l’Italia verde del futuro, il settore di cui abbiamo più bisogno tutti come i tempi hanno dimostrato, la salute, non vede evoluzioni. Come si può accettare che domani, di fronte a malattie importanti, si potrà curare tempestivamente solo chi ha il denaro per farlo?

Come si può valutare qual è il prezzo se i particolari delle riforme non sono scritti? 

Si può solo pensare che saranno riforme nella solita direzione.

Maria Luisa Visione