Cosa devono fare le banche di fronte alla recessione economica

Anche e soprattutto dopo la truffa dei diamanti a carico dei risparmiatori.

Il ruolo del personale direttivo alla luce delle mutazioni in atto nel sistema bancario deve essere proattivo rispetto al territorio di competenza

Dopo l’iniziativa del tribunale di Milano si pone una riflessione sul ruolo delle Banche dei loro servizi offerti alla clientela. Prenderemo in esame e mutazioni del sistema bancario che hanno avuto un influsso notevole sul ruolo del personale direttivo bancario.

La gestione attiva della banca si è fatta più complessa con la crisi del 2009 e lo diventa ogni giorno di più, anche se il tentativo, non sempre riuscito, fu quello di trattenere la complessità presso la Direzione Generale. La rete distributiva fu comunque gravata dalle pressioni sulle vendite e dalla misurazione dei risultati ed era troppo incentrata sul ritorno economico immediato (up front). 

Volendo sintetizzare, l’attività di gestione fin dall’inizio del 2000, fu guidata da:

  • La normativa BCE e Bankit invasiva e in continua evoluzione; incide sulla Governance, sui capitali minimi necessari e pesantemente sui controlli.
  • La riduzione dei costi, indispensabile per fronteggiare i ridotti margini da interessi; incide sui sistemi informatici sempre più integrati, sugli esodi del personale.
  • La carenza professionale del personale, dovuta ai ridetti esodi accentuati, ai compiti differenziati assegnati spesso senza adeguata preparazione, ad una struttura operativa che stava cambiando velocemente per rispondere alla normativa dei supervisori.

Tutti i campi operativi furono colpiti. Come nuove figure emersero per migliorare la Governance dell’azienda: risk manager, compliance officer i principali.

Le innovazioni del dopo 2000 riguardano la conoscenza delle qualità della clientela, sia prenditrice che depositante. L’utilizzo di questa conoscenza inciderà profondamente sul ruolo del personale direttivo in quanto porterà a centralizzare molte decisioni per renderle omogenee quale identità aziendale.

Da una parte, all’inizio del 2000, era attivo il rating attribuito alla clientela sulle operazioni di credito presso tutte le banche, anche le piccole tramite i centri servizi informatici. Diversa era l’affidabilità; solo per banche grandi che avevano adottato modelli proprietari, la procedura era validata dalla Banca d’Italia ed era idonea a incidere direttamente sull’RWA, cioè sugli impieghi pesati in relazione al rischio creditizio della clientela prenditrice.

L’analisi dei bilanci accentrata presso laboratori fidi, il flusso di ritorno della Centrale Rischi, il rating elaborato a livello centrale, hanno finito per ridurre la discrezionalità valutativa dei direttori di filiale. Di fatto la loro operatività viene limitata a rappresentare le richieste di fido e ad illustrare l’andamento degli affidati negli ultimi mesi; poco più che raccoglitori di informazione. Per inciso il bilancio di esercizio ha assunto un ruolo incisivo nell’esame dell’affidabilità di imprese di qualsiasi dimensione.

Le autonomie dei Titolari, quando presenti, sono state falcidiate, di norma, limitandole all’assistenza creditizia delle famiglie e delle piccole imprese.

Dal lato del risparmio gestito, dopo anni dal piano per i servizi europei, è stata emanata la direttiva europea n. 39 del 2004, che istituiva la MIFID (Markets In Financial Instruments Directive), considerata la base per la costruzione di un mercato finanziario integrato. È stata recepita in Italia nel 2007.

Gli obiettivi di fondo sono:

  • La tutela degli investitori, differenziata a seconda del grado di esperienza finanziaria;
  • L’integrità dei mercati; i prodotti distribuiti alla clientela devono essere valutati in base al rischio e devono essere offerti alla clientela coerentemente alla valutazione della stessa.

Sono state vietate le campagne prodotto e l’azione di sviluppo si può svolgere “solo” invitando gli operatori a collocare prodotti in relazione alle esigenze effettive della clientela, in ragione della propensione al rischio della stessa. Dopo le note vicende delle sei banche, i controlli della CONSOB si sono fatti più invasivi. Anche se evidentemente non proprio sufficienti considerato l’operato delle maggiori banche italiane in ordine alla triste e preoccupante gestione della vendita di diamanti alla clientela.

È importante riflettere sul ruolo svolto dal Personale Direttivo negli ultimi anni nelle aziende in difficoltà.

Il bail in può aver inciso sui comportamenti della clientela, accentuando i rischi quando le nubi si avvertono già sotto il cielo aziendale, ma non può essere additato come causa di ciò che è avvenuto. E la conseguenza amare, non la causa. Errori strategici possono essere imputati solo al Consiglio di Amministrazione, in molti casi sappiamo che le cause non sono solo strategiche. La governance, approvata e legittimata dagli statuti aziendali precede funzioni contrapposte con poteri ispettivi coerenti con le responsabilità delegate e con riporto direttamente al CdA, tramite il Comitato Rischi, quando istituito. Eppure, queste previsioni, fortemente volute dalla Banca d’Italia non sono state sufficienti a fermare l’azzardo morale che ha portato le aziende al default.

Le opinioni possono divergere sul fatto che il personale direttivo addetto ai controlli, il risk manager, il responsabile della compliance, i membri dei comitati di rischi endoconsiliari, non fossero in grado di svolgere i compiti loro assegnati per carenze professionali o perché non hanno voluto vedere cosa stesse succedendo. È facile dire, visto che le competenze si deve presumere fossero idonee, che avrebbero dovuto dimettersi. Realisticamente ciò è possibile solo se il contesto operativo consente, ragionevolmente, di poter trovare altre occupazioni. Quando ciò non è prevedibile, purtroppo e troppo spesso, il personale direttivo accetta compromessi e questo si ripercuote purtroppo nel giudizio generalizzato sulla categoria.

Questa riflessione più generale trae spunto concreto dall’analisi di un banchiere di lungo corso il Dr. Dino Gronchi ed è aggiornata ai fatti delittuosi venuti solo ieri alla ribalta giudiziaria.

Concludendo oggi possiamo dire dopo l’ennesimo scandalo sul “risparmio tradito” che le banche debbano ritornare a fare la loro missione originale; il loro compito è aiutare con i depositi dei risparmiatori che debbono essere tutelati come dice anche la Costituzione della Repubblica, devono accompagnare e aiutare gli investimenti produttivi. Le imprese meritevoli, non solo per il “rating” assegnato loro da algoritmi devono trovare nelle banche e negli addetti della banca interlocuzione professionale e forte impegno per migliorare lo stato delle aziende e renderle più competitive nel mercato globale per lo sviluppo e contro la crisi economica e occupazionale.

Articolo a cura del Dott. Gianfranco Antognoli e del Dott. Fernando Cruz