BTP italiani a ruba e BCE di nuovo in Pepp: cosa sta succedendo davvero?

A proposito di NPL: spunta l’appendice alle linee guida della BCE

Sempre amati, mai dimenticati, i cari vecchi Titoli di Stato italiani, nonostante i tanti attacchi a colpi di spread, come arriva un’emissione vanno a ruba.

L’ultimo, il BTP di durata 10 anni è stato collocato per 14 miliardi di euro, a fronte di una richiesta di 108. 

Sì, avete capito bene, tutti li vogliono: fund manager, banche, fondi pensione, assicurazioni, hedge fund, e anche banche centrali e istituzioni governative.

Ben 40 Paesi in tutto il mondo! Gli investitori esteri si sono aggiudicati i tre quarti dell’emissione, in pole position quelli europei ai quali è toccato il 71,3%, mentre agli investitori domestici il 24%.   

La stessa BCE ha rilanciato con altri 600 miliardi di euro il programma “Pepp”, l’impegno cioè ad acquistare sul mercato secondario i titoli di Stato degli Stati membri durante l’emergenza pandemica, con un chiaro messaggio: “Fino a giugno 2021 non vogliamo creare problemi all’Unione Europea perché qui comando io!”

Così anche i più scettici sul fronte dell’importanza del potere dell’emissione monetaria, si sono dovuti arrendere davanti all’evidenza che una banca centrale se c’è bisogno emette moneta, quindi, niente di strano se in tanti da anni non capiscono perché abbiamo deciso di non farlo più noi come Stato, cedendo la sovranità monetaria alla BCE.

Ai più attenti, poi, non è sfuggito che la mossa della BCE, oltre ad avere una connotazione di carattere tecnico, ovvero l’obiettivo di sostenere i mercati dei Titoli di Stato europei, abbia anche una vera e propria implicazione politica.

Mi riferisco alla recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca che aveva espressamente richiesto, proprio alla BCE, di motivare la sua coerenza sul rispetto del mandato di politica monetaria ricevuto in relazione ai suddetti acquisti che oramai vanno avanti dal 2015, dandole 3 mesi di tempo, pena il ritiro della Bundsbank dal relativo mercato. Sembra proprio che, a tale atto di forza, la BCE abbia risposto ribadendo la sua indipendenza decisionale ed operativa.

Inoltre, l’intervento della BCE ha avuto altre due implicazioni: da una parte quella di sostenere i Paesi più deboli dal punto di vista del merito di credito, evitando attacchi speculativi; dall’altra di indebolire, indirettamente, la superiorità del Bund tedesco sugli altri titoli. Sembra proprio che in questa direzione vada anche il Recovery Fund, in quanto l’emissione delle obbligazioni della Commissione Europea avranno la tripla A come i Bund tedeschi, ma un tasso di interesse superiore.

A questo punto c’è da chiedersi come potrebbe esprimersi ancora la Corte Costituzionale tedesca sull’operato della BCE all’arrivo di nuovi ricorsi.

Ma non solo, l’altra domanda, semplice ma per nulla ovvia è:

Se ci chiedono costantemente più Titoli di Stato, visto che, in un modo o nell’altro ci si indebita lo stesso, perché non ne collochiamo di più, soprattutto sul mercato domestico?

Vogliamo raccontarci che poi saremmo ostaggio? Lo siamo comunque.

La differenza è che se domani ci riprendiamo la sovranità monetaria, non abbiamo il problema di emettere nuovi titoli, quindi, di essere soggetti a default.

Maria Luisa Visione