Banca Mps e la bufera politica. Il ministro Franco mercoledì in Parlamento

Se qualcosa avesse dovuto agitare l’estate di Siena, non avrebbe dovuto essere la questione Banca Mps che invece, con una tempistica che fa riflettere, è destinata a diventare almeno fino alla fine del periodo estivo oggetto di attenzione nazionale e locale.

Dal 29 luglio, data dell’annuncio dell’operazione su Banca Mps da parte di Unicredit in accordo con il Tesoro, si sono susseguiti interventi infuocati sul piano politico e sindacale.

Ora, se il comunicato congiunto dei sindacati, che invocano una posizione forte del premier Draghi a tutela di migliaia di lavoratori e per evitare che Unicredit prenda solo il buono della Banca e non i crediti deteriorati puntando al cosiddetto ‘spezzatino’, è comprensibile e condivisibile, molto meno lo sono le posizioni politiche.

Un fine settimana di fuoco sotto ogni aspetto, dominato da attacchi, urla, accuse, tutti contro tutti in una bagarre che vede i cani azzannarsi per l’ultimo osso: le suppletive, sul territorio (e la questione fa stare sulle spine tutti candidati) ma sul piatto nazionale piombano i rapporti con la UE. Appena tre giorni fa gli stress test dell’Eba avevano classificato Banca Mps come la peggiore tra cinquanta istituti esaminati a livello europeo, inoltre le richieste di Unicredit per ‘strozzare’ questo boccone amaro, sono alte ma chiarissime: “no alla bad bank, quella se la tenga lo Stato. Noi pronti a prendere solo il buono”.

Dunque, si guardi alle persone, ai dipendenti perché su loro (Banca Mps ma anche Unicredit) si abbatterà la scure dell’operazione nonostante l’impegno a “limitare gli esuberi” e però smettiamola di parlare di senesità perché la Banca non è più senese dal 2012 (ufficialmente) quindi non c’è proprio alcuna senesità da difendere. La banca è stata mal gestita e i contribuenti italiani l’hanno salvata. Oggi, i contribuenti sono chiamati a pagare per licenziare le persone e quindi è necessario trovare quanto prima una soluzione alternativa allo spezzatino.

La responsabilità, se ancora vale la pena parlarne dopo dieci anni, è da attribuire in primis al Pd dell’epoca, con ruolo altrettanto importante di una opposizione che pur di avere incarichi e poltrone fingeva soltanto di essere all’opposizione. Quindi, ci sia almeno il decoro di giocare in maniera pulita sulla pelle di una città che è stata sì molto responsabile di quanto avvenuto ma che non merita – non lo meritano le nuove generazioni che oggi vivono pienamente quelle ‘colpe dei padri che ricadono sui figli’ – di perdere tutto. Una soluzione va trovata in maniera urgente e le proposte sul tavolo sono diverse, domani già potrebbe parlarne il sindaco De Mossi nella conferenza stampa appena convocata.

Si potrà parlare di banca del territorio? Si potrà mantenere un marchio anche se la sede generale non sarà più qui? Si potrà puntare su investimenti di altro tipo? Chissà. La curiosità però rimane: Mario Draghi come giustificherà all’Europa e alla Consob l’operazione Unicredit – Mps, per cui lo Stato dovrebbe sostenere una spesa di oltre sei miliardi?

 

Katiuscia Vaselli