Vicolo del Campaccio: una strada malfamata?

Sembra che nel vicolo del Campaccio venissero gettate carcasse di animali e che la sua antica denominazione si spiega probabilmente proprio dall’essere un luogo “piuttosto” malfamato.

Il vicolo del Campaccio inizia in cima alla scalinata anticamente detta costa del Serpe, alla fine di Camporegio, e dopo uno stretto passaggio, in parte coperto, sbocca nella Costa di Sant’Antonio. Lo stradario del 1789 lo chiama “vicolo bujo del Campaccio, che passa nel così detto Campo già Orto di S. Caterina“, e in effetti lo stradello si incunea dietro il santuario cateriniano. Pare che in origine il campaccio fosse un orto di proprietà della parrocchia di Sant’Antonio, ma poi passò nelle mani dell’Arte della Lana, come testimoniato dal suo stemma posto sull’arco di ingresso del vicolo dalla parte della costa di Sant’Antonio; a sua volta la corporazione lo concesse alla famiglia di Caterina, i Benincasa, nel corso del Trecento.

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Questa spiegazione, però, non soddisfa: perché qualificare un semplice orto con un dispregiativo? In aiuto vengono forse una serie di disposizioni contenute nei Libri di Biccherna a cavallo della metà del Duecento, riassumibili in una rubrica statutaria del 1262, la quale proibiva a chiunque di gettare “aliqua cadavera” nel fossato posto fuori della porta di Camporegio, in prossimità della basilica dei Frati Predicatori; ai trasgressori si comminava una multa di venti soldi.

Considerando che dalla porta di Camporegio, oggi scomparsa e pertinente la cinta muraria del XII-XIII secolo, doveva uscire l’omonima via dei giorni nostri, ubicandosi perciò all’incirca a fianco di San Domenico, il fosso esterno a questa, nel quale era uso gettare carcasse di animali, può senz’altro riconoscersi nel vicolo del Campaccio, la cui antica denominazione si spiega probabilmente proprio dall’essere un luogo “piuttosto” malfamato.

Maura Martellucci

Roberto Cresti