Via di Diacceto: la strada del “freddo”

Via di Diacceto prende nome dalle “diaccere”, ovvero  profonde buche scavate nel tufo che servivano per conservare la neve.

Via di Diacceto unisce Piazza Indipendenza a via dei Pellegrini, ma quello che a noi interessa per spiegarne il nome è il fatto che intersechi perpendicolarmente via di Beccheria. Beccheria era il luogo in cui, fin dal Medioevo, si lavorava e vendeva la carne. La denominazione di via di Diacceto, probabilmente, è legata proprio dalla produzione e conservazione del ghiaccio che veniva effettuata in quest’area conservando blocchi di neve dentro profonde buche scavate nel tufo.

In effetti le parole ghiaccio o ghiacciaia, a Siena come nella Toscana in genere, si trasformano in “diaccio” e “diacciaia” e, proprio all’interno di buche dette “le diaccere” o ghiacciere, la temperatura fresca riusciva a mantenere la neve gelata che permetteva la conservazione dei cibi, a partire dalla carne. Per quanto riguarda il percorso viario via di Diacceto assume l’attuale conformazione solo nel terzo decennio del Duecento.

Lusini racconta che nel 1175 venne realizzato un ponte di legno capace di collegare il poggio San Pellegrino (la chiesa di San Pellegrino ora scomparsa si trovava pressappoco tra la Costarella e Via di Città) con la zona di Vallepiatta, scavalcando il canale di scolo delle acque, la cosiddetta “cavina” o Costaccia. I lavori del ponte, detto inizialmente della Cavina e in un secondo momento chiamato di Diacceto come la strada, giunsero a compimento intorno al 1220 quando assunse la conformazione che possiamo vedere anche oggi. Una curiosità: Via di Diacceto, come Via di Beccheria, anticamente faceva parte del territorio della scomparsa Contrada del Gallo o di Porta Salaia.

Maura Martellucci

Roberto Cresti