Quando i senesi chiesero la virtù più nascosta alla regina Margherita

Il celebre “Mamma non mi mandar fuori la sera”, chiamato anche “Margheritè”, è un canto diviso in due parti che racconta un amore giovanile fra popolani e una richiesta alquanto sconcia del popolo senese alla regina Margherita di Savoia

Questo “Mamma non mi mandar fuori la sera” o “Margheritè”, o come lo si voglia chiamare, è forse lo stornello più conosciuto del repertorio senese. Il suo testo malizioso e divertente attira l’attenzione anche di chi al canto non è incline. In questa canzone ci sono due parti, una in cui si narrano le vicende amorose di una giovane  e un’altra in cui il popolo di Siena fa una richiesta alquanto particolare alla regina Margherita di Savoia. Partiamo dal principio. La giovane, che è anche la voce narrante, compie, nel corso delle strofe, un vero e proprio percorso sentimentale. Timorosa di esser importunata dai giovanotti, inizialmente si rivolge alla madre chiedendo protezione. In seguito le cose cambiano e, a forza di esser mandata fuori di casa dalla genitrice, uno dei ragazzetti seccatori le entra, come si dice gergalmente, nell’occhio. A questo punto la giovane perde un “bottoncello d’oro fino”, suscitando le “risatelle” dell’amato.

Se la prima parte di “Mamma non mi mandar fuori la sera” si occupa di un racconto fra popolani, la seconda, invece, tratta della visita a Siena della regina Margherita di Savoia, sposa del cugino Umberto I re d’Italia. I due reali arrivarono in città nel luglio 1887 e l’importanza dell’evento fu tale che il Palio di Provenzano venne posticipato, per vederli presenti, dal 2 al 16. Il passaggio di Margherita e Umberto a Siena ha lasciato tante tracce, per esempio sull’araldica di molte Contrade, nel nome di un panforte e in questo stornello. Si potrebbe trovare l’origine della frase “non ti nascondere nel mezzo dei fiori”  in quanto Virgilio Grassi, cioè nell’eccessiva elargizione floreale dei senesi verso i regnanti: «Innumerevoli i fiori gettati lungo il percorso nella carrozza reale, che ne fu letteralmente stipata, cadendo indosso ai reali ospiti, e provocando il più schietto sorriso della Regina, costretta a ripararsi dall’omaggio gentile, ma troppo accentuato». Che l’entusiasmo dei cittadini di Siena sia stato un zinzinnino fuori dalle righe lo si capisce bene anche dall’invocazione che viene fatta alla sovrana. Le viene, infatti, richiesta la condivisione, carnale o perlomeno visiva, della sua virtù più nascosta, della sua coubertiana “origine del mondo”.

Questo canto anche a livello melodico presenta due sezioni, diverse per contenuto ma simili per stile, comunque allegro. La divisione in parti è quasi sicuramente dovuto al fatto che “Mamma non mi mandar fuori la sera” non è una canzone sola, bensì due.  In altre zone d’Italia è infatti possibile trovare varianti della prima sezione. Se ne segnalano a Prato, sull’Amiata e a Fucecchio. La versione fucecchiese è stata incisa anche da Caterina Bueno. Una canzone gemella della nostra “Mamma non mi mandar…” la possiamo trovare addirittura in Val d’Aosta, dove cantano “Lo sai che i minatori son leggeri: Quando ti vedo te/Paradiso mi par di veder/quando ti vedo là/in mezzo al mare mi par di volar”. Sembrerebbe, quindi, che solo la seconda parte, quella con la richiesta sconcia, sia propriamente senese. Anche per questa sezione esiste una variante, non territoriale ma di genere: “E non ti nascondere nel mezzo al ruscello/O bello sconosciuto dacci l’uccello/Giovanottin, giovanottin/Ce l’hai promesso, daccelo o faccelo sentir”. A Siena poi è possibile sentir cantare le due parti di “Mamma non mi mandar…” separate o combinate con altri spezzoni di canzoni.

Mamma non mi mandar fuori la sera
son piccolina e non mi so badare
e i giovanotti fuori di maniera
noiosi mi porrebbero fermare.

Quando io vede te, paradiso mi par di vede’
quando ti vedo là, paradiso mi par di sogna’.

E ho perso un bottoncello d’oro fino
lo sai che l’oro fino mi costa assai
perché una risatella ‘un me la fai
e in pegno questo cuore a chi lo do-o-o.

E in pegno questo cuore a chi lo do-o-o
e in pegno questo cuore a chi lo do-o-o

E non ti nascondere nel mezzo dei fiori
o bella sconosciuta fatti vedere
Margherité, Margherité, ce l’hai promessa? O daccela, o faccela vedè
Margherité, Margherité, ce l’hai promessa? O daccela, o faccela vedè!

Emilio Mariotti

(Riferimenti bibliografici / Aa.vv.- Di Siena la canzone, Nuova Immagine ed., Siena 2004; Virgilio Grassi – Le Contrade di Siena e le loro feste, vol. II, Periccioli, Siena 1973)