Perché “Il Palio di Siena. Una festa italiana” di Balestracci è in testa alle classifiche italiane

A tutti i lettori di questo giornale non sarà sfuggito lo spazio dedicato, nei giorni di Palio del 2019, al nuovo libro del professor Duccio Balestracci “Il Palio di Siena. Una festa italiana” . Per quanti se lo fossero perso, potete ritrovare i pezzi pubblicati sia a luglio che ad agosto. Uno spazio voluto perché abbiamo deciso di condividere con voi il nuovo lavoro di Balestracci, quasi un autoritratto: nello stesso individuo convivono una cultura enorme e un altrettanto grande senso dell’umorismo, la curiosità vorace e la capacità dell’autoironia. Caratteristiche tipiche dei grandi toscani e dei grandi senesi. Ecco, quindi, come il libro si racconta in primis attraverso il carattere di chi lo scrive.

Storia e cultura ben si miscelano nell’umiltà di riconoscere quanto a volte siamo (e siamo stati) noi senesi a rendere il Palio qualcosa di scontato. Invece lui, il Palio, ha lottato con le unghie e con i denti per arrivare ad oggi e gli dobbiamo gratitudine.

Giunto alla seconda ristampa e pronto a girare l’Italia con un calendario di presentazioni che attraverserà tutto il prossimo inverno, il libro di Balestracci è in testa alle classifiche nazionali. Ecco perché, secondo il professor Francesco Ricci, autore stimato della nostra rubrica dedicata i libri.

K.V.

“Il Palio di Siena. Una festa italiana” di Duccio Balestracci non è semplicemente un libro di successo, ma è un vero e proprio caso letterario. È difficile, infatti, che un saggio – non un romanzo – conosca nel giro di poche settimane due edizioni e resti a lungo in cima alle classifiche dei libri più venduti. Cosa possiede “Il Palio di Siena” per giustificare un siffatto clamoroso successo? Quelle che seguono sono solamente alcune delle possibili spiegazioni che possono essere tentate. 1) È un libro scritto benissimo, con grande chiarezza espressiva, rigore nella costruzione e concatenazione dei paragrafi, con una buona dose di leggerezza e ironia (i rimandi ai documenti figurano per lo più nell’apparato di note). In sostanza, si pone agli antipodi di quella verbosa pesantezza e programmata oscurità linguistica che contraddistinguono molti saggi di storiografia e di filosofia. 2) Balestracci porta alla luce una volta per tutte ciò che ogni senese intuisce, sente, sa, vale a dire che la storia del Palio è inseparabile dalla storia d’Italia e che, di conseguenza, ogni tentativo di fare scadere la prima al rango di festa locale è sbagliato in partenza ed è destinato a fallire. 3) Chiarisce con l’evidenza dei fatti (non delle teorie) e con la forza delle argomentazioni (non delle affermazioni apodittiche), a chi si riempie la bocca con parole come “tradizione”‘ e “innovazione”, prendendo posizione a favore dell’una o dell’altra, che per mantenersi feconde queste due idee non devono contrapporsi, bensì convivere e intrecciarsi. Conservazione e innovazione, infatti, nel palio si sostengono a vicenda: a partire dal passaggio dalla festa donata al popolo alla festa di popolo, è stato tutto una serie di aggiustamenti, adattamenti, miglioramenti. Quando questa sintesi non avviene, si ha o il museo (della tradizione) o l’utopia (della rivoluzione che fa terra bruciata dell’esistente concepito come male o errore). 4) È un libro onesto, e dunque giusto, che sottrae il Palio all’agiografia e all’edulcorata celebrazione. In quanto legato all’opera dell’uomo, esso partecipa del bene e del male, delle luci e delle ombre. Il Palio di Siena non è l’ipostasi della Bellezza e dell’Innocenza, ma la più compiuta metafora della vita, dove il buono e il cattivo si danno la mano, dove generosità ed egoismo convivono. 5) Perché il libro di Duccio Balestracci parla di Siena, parla della Toscana. Ogni regione italiana è bellissima, con le sue feste, i suoi paesaggi, i suoi cibi. Ma agli occhi di chi non è italiano e che al Bel Paese è interessato – lo verifico ogni volta che parlo con un ospite di terre lontane – la Toscana possiede un fascino raro, unico, che rende irresistibile tutto ciò che ad essa è collegabile e collegato. E chi, parlando della Toscana, messo da parte ogni campanilismo, non pensa con incanto,  emozione, gratitudine, alla nostra Festa?

Francesco Ricci

(foto di Gianluca Lecchi)