Il Palio nei secoli – L’inizio del racconto in radio con Luigi Bonelli in “una giornata particolare”

Una trasformazione radicale nel modo di raccontare il Palio si ha con l’introduzione della parola e dell’immagine dato che l’avvento delle radiocronache mettono a diretto contatto la festa senese con il mondo esterno.
Le prime radiocronache si devono allo scrittore, giornalista e commediografo Luigi Bonelli
E proprio lui ebbe l’incarico di raccontare quella che da sempre è stata definita, nella storia del Palio, “una giornata particolare”.


Era il 9 maggio 1938 e una rappresentanza nutrita del Corteo Storico e dei 17 rioni si recava a Firenze a rendere omaggio al Duce e a Hitler che stava visitando, in quei giorni, l’Italia. A Firenze, gli ospiti, dovevano rivivere lo splendore del rinascimento italiano e così venne fatta una partita di Calcio in Costume fiorentino, si convocarono i figuranti della Giostra del Saracino di Arezzo, del Gioco del Ponte di Pisa e quelli del Palio di Siena. La richiesta, quando arrivò in città, provocò reazioni, come immaginabile, contrastanti. Ci fu addirittura chi chiese che Hitler facesse una deviazione a Siena per godersi un Palio straordinario in suo onore (era Silvio Gigli, all’epoca dirigente dell’Opera Nazionale Dopolavoro Fascista che scrisse su “La Nazione”). Ma, ovviamente, la cosa si rivelò impossibile. Ma i mugugni riguardarono non solo l’aspetto politico: che ci combinava portare a Firenze il Corteo Storico del Palio? Già portarlo fuori città andava contro il rigido protocollo che la festa senese si era data con difficoltà per salvaguardarne l’immagine. Il conte Guido Chigi Saracini, Rettore del Magistrato delle Contrade, si oppose in ogni modo ma di fronte al diktat delle autorità statali e del partito poco potè. La cerimonia della visita fiorentina fu trasmessa alla radio nazionale e, appunto, da un radiocronista d’eccezione: Luigi Bonelli, che raccontò per filo e per segno l’itinerario di Hitler e del Duce e che illustrò ai radioascoltatori l’immagine della sede del Monte dei Paschi, in via dei Pecori, con la bandiere delle Contrade, i drappi rossi con la svastica e con i braccialetti. Ma qui ci scappò l’incidente diplomatico: i braccialetti senesi, celiò Bonelli, erano comunque alimentati da buon olio senese, perché Siena, a Firenze, non ci compra nemmeno l’olio da lume. Apriti cielo, spalancati terra! Il fascismo aveva severamente messo al bando il campanilismo (retaggio inaccettabile di un’Italia pre-moderna) e questo se ne usciva con una battuta del genere! In città tutti risero, ma Luigi Socini Guelfi (futuro podestà) no: e ora che diranno a Roma? Messo in allarme inviò una lettera di protesta all’EIAR (la mamma della RAI) per aver consentito dire al cronista senese una frase tanto inopportuna. All’EIAR non si scomposero. Nessuno s’era lamentato, risposero, e Bonelli aveva fatto un lavoro eccellente e da gran professionista.
E così zittò tutti.

Maura Martellucci

Per approfondimenti da leggere: “Il Palio di Siena. Una festa italiana” di Duccio Balestracci (Laterza, 2019), dal quale sono tratte anche queste notizie