Il Palio nei secoli – Di film sul Palio “un ce n’è uno a garbo”

Per la verità, si farebbe fatica a individuare un film d’eccellenza fra quanti hanno avuto il Palio come scenario e/o elemento causante della fiction. Certo non si segnalano per pathos e originalità girati come “Corri come il vento. Kiko” di Sergio Bargonzelli (1982), o come il cortometraggio per la Televisione, andato in onda su Rai2 nel 1983 (“Giulietta del Palio” del, peraltro bravo, Carlo Di Carlo), nel quale la storia di Giulietta e Romeo si veste delle monture delle rivali (per l’ennesima volta) Oca e Torre, con una Giulietta fontebrandina e un [Ro]Meo torraiolo. E nemmeno a dirlo, nonostante la rivalità, anche in questo caso, dopo equivoci e intrighi vince l’amore.
L’amore. Non l’Oca né la Torre, perché nessuna delle due trionferà nella corsa che corona il film.
In qualche caso, poi, il Palio ha fatto da cameo in storie che, per avere Siena nella narrazione, si sono sentite in dovere di connettere in maniera sintomaticamente inscindibile l’immagine della città con la citazione della sua Festa.
In genere i risultati sono stati modesti o pessimi: per non fare un elenco ripetitivo, ci limiteremo a ricordare che scene paliesche compaiono nella serie televisiva del 1983 “Venti di guerra” e che nel 2008 una serie di saltatori, acrobati e stuntman imperversò su edifici più o meno storici di una città immersa nel Palio per il film d’azione “Quantum of solace” con protagonista l’immarcescibile agente 007.

 


Se nella quasi totalità dei casi questi set palieschi vengono accettati con una sorta di (talvolta infastidita) rassegnazione, c’è stato invece un caso in cui una malaccorta inserzione del Palio in un film ha suscitato vibrate proteste.
Nel 1986 Castellano e Pipolo ambientano nella Siena dei giorni palieschi alcune scene de “Il burbero”, film che ha fra i protagonisti anche Adriano Celentano. Nella pellicola si fa riferimento a Siena e ad uno storico palazzo della città, ma, dal momento che la città non sembra riconoscibile senza citare il Palio, anche in questo caso vengono infilate nella narrazione comparse di Contrade, contradaioli vocianti ed esagitati, baruffe, intrighi.

Ciò che irrita i senesi, una volta visto il prodotto finale, è il modo grottesco in cui sono stati contestualizzate comparse in montura dell’Oca tanto che un consigliere comunale rivolge in vibrato richiamo al Consorzio per la Tutela del Palio affinché per il futuro ci sia adeguata vigilanza sull’utilizzo delle immagini relative alle Contrade e alla Carriera in contesti cinematografici la cui cifra estetica e il rispetto della Festa non sono garantibili.

Il clamore sarà tale da approdare sulle pagine di un quotidiano nazionale di alta tiratura che intervista, nel merito, sia i protagonisti senesi, sia i registi della pellicola ma servirà perché, negli anni a venire, ci sia un’attenzione capillare per l’utilizzo di ogni foto e immagine che abbia il Palio come soggetto. Tutela di una Festa che non è un gioco ma una cifra identitaria di un’intera città.

Maura Martellucci

Per approfondimenti da leggere: “Il Palio di Siena. Una festa italiana” di Duccio Balestracci (Laterza, 2019), dal quale sono tratte anche queste notizie