Chi ci va a prende’ il cavallo?

Parla la protagonista di domani. Quando il sole brucerà l’attesa e nel cuore di tutti risuonerà il nome di un cavallo.

Chi ci va a prende’ il cavallo?

Ecco, ci siamo, questa sarà l’ultima notte.

Te l’ha detto il capitano, t’ha stretto le spalle come se tu fossi il su’ figliolo e c’ha voluto mette’ il peso di tutta la Contrada. Il cuore ha preso a corre’ come un cavallo all’ultimo Casato, ti so’ venuti i lucciconi e, in un attimo, t’è sembrato di torna’ cittino, quando guardavi quel barbaresco vestire i colori del tuo popolo e portarli in Piazza, con l’emozione nell’occhi, con la speranza sul labbro.

Chi ci va a prende’ il cavallo?

Te e quell’altri ve lo siete chiesti per tutto l’inverno.

‘Mi ci garberebbe quello’, ‘no, meglio quell’altro’, ‘ci voglio andà io! Ora glielo chiedo’.

Sappi, che io dimoro nei cuori dei buoni e dei coraggiosi, che mi concedo come una tenera amante a chi è capace di cercarmi con umiltà. Mi appoggio beata sul petto gonfio di orgoglio di quelli che entrano con passo solenne, che un’ si so’ mai sognati d’esse meglio di quell’altri ma che, in fondo, stanno bene così.

Non piangere, stanotte.

Con quell’occhi alzati al cielo, che cercano i volti dei cari partiti, lì, tra le stelle più luminose del firmamento senese, falli brillare di fede e ardore, fammi entrare di soppiatto e esplodere nel momento bono. Mi sentirai vibrare sotto gli zoccoli del cavallo ma, prima ancora, ti accompagnerò nascosta tra i canti del tuo popolo.

Ti accarezzerò le mani strette sul nerbo e poi, se vorrò, te le farò alzare in aria, in un pugno di soddisfazione urlante, nello squarcio del silenzio che cede al boato.

Mi senti canta’ in quel silenzio?

Sibilo nel cozzare delle ghiandine, mi fo’ prende per mano dai cittini e mi metto a ride’, Signore!, come rido del primo cittadino. Tanto fo’ come mi pare, perché lo scelgo io il cavallo bono e scelgo te, con quel muso bianco, perché sei quello che lo merita più di tutti.

Lo sai? A volte, mi garba dammi a quelli che hanno da avere indietro qualcosa. Perché la magia del Palio è proprio questa: quando la vita t’ha mostrato il su’ ghigno più brutto, io arrivo a restituire quello che è stato tolto.

Amami, quindi, coraggioso condottiero, perché domani mi invocherai a gran voce e io mi metterò lì, al tuo fianco, mi farò piccina e silenziosa, fin quando un numero non verrà seguito dal nome della tua casa e allora, raggianti, cederemo insieme alla gioia.

Aiuto gli audaci, ma vivo nel cuore dei buoni.

A domani…

La Fortuna

(Arianna Falchi)