L’ostilità a Firenze ha fatto bene a Siena?

La conferenza tenuta per l’Aras e introdotta da Vinicio Serino nella bella Sala della Suvera in Beccheria ha costretto a navigare attraverso i secoli con qualche avventurismo, ma ne valeva la pena.
In una carrellata generale non si poteva essere onnicomprensivi, ovviamente. Ma si dovevano almeno cogliere dei momenti nodali di una rivalità che ha caratterizzato la storia della Toscana e che è ancora oggi viva per qualche aspetto e ricamarci qualche riflessione sopra.

Più a Siena che non a Firenze, naturalmente, è stata vissuta la rivalità.
Per Siena organizzarsi e sentirsi coesi contro Firenze è stato per secoli questione di vita o di morte, di libertà o di sudditanza. Per Firenze l’avversaria è stato solo un ostacolo decisivo nel tentare di costruire l’unità della Toscana, ma di quanto ha diminuito il benessere e la creatività della città del Giglio? Anche dopo il crollo della Repubblica, Siena ebbe larghe autonomie non solo per intelligenza politica dei vincitori. Fu anche questione di opportunità.
Governare quel terzo della Toscana, la parte meridionale, molto spopolata e già in parte malarica, contro il ceto dirigente senese avrebbe comportato un impegno enorme per Firenze. Così se ne trasse vantaggio senza grande
spesa, invece. L’avversione aiutò anche Firenze, quindi, anche se i fiorentini saranno poco disposti a sentirselo dire – e per noi sarebbe disdicevole parlarne con le molte vittime della carneficina di Montaperti…
Ma l’avversione di Siena risultò più positiva alla Balzana. Siena si sentì obbligata all’emulazione. Dopo il grande evento del 1260, dopo essere stati i primi, come si poteva restare indietro a Firenze? Si poteva essere meno
potenti militarmente e sul piano demografico ed economico, d’accordo, ma come non essere ugualmente bravi nell’arte, e pure con altre modalità creative, e come non essere addirittura più bravi per l’Università (e le
accademie) e il Santa Maria della Scala? Siena ha avuto una tradizione universitaria costante, a differenza di Firenze, una grandezza nelle attività mutualistica (società di contrada), assistenziale e medica insuperabile, dal Santa Maria allo Psichiatrico, al Pendola, alle Pie Disposizioni, dalla Misericordia alla Pubblica Assistenza.

banca112

Queste sono divenute le specificità senesi, accanto all’eccellenza nella preparazione delle feste. Che fossero pali alla lunga o alla tonda, o carnevali, o pièces teatrali al Saloncino o ai Rinnovati.
Infine la banca. Quella privata fu un’eccellenza europea indubbia a metà Duecento e poi di nuovo intorno al 1500, poi di nuovo con il MPS pubblico del Novecento, il secolo vero, grandioso (in fine anche troppo) della banca!
Firenze comandava politicamente ed è stata anche capitale d’Italia, ma non ha costruito nulla di eguagliabile al MPS e comunque non ne ha certo impedito lo sviluppo. Nel ’25 (1925) Ezio Felici poteva con plausibile enfasi scrivere della banca, per il suo terzo centenario, “nome che risuoni come un’eco che spandesi armoniosa da una superba vetta…Monte…corre vittoriosa la tua fama nel mondo e ovunque imponi…la potenza tua vigile, operosa”.
​Insomma, per Siena l’ostilità fiorentina costrinse per secoli a immensi sforzi militari ed economici,​ ma la disparità oggettiva tra i due centri, in risorse, in consistenza demografica ed economica, la stimolò a fare meglio, ad essere competitiva nonostante tutto. I senesi hanno sentito come dovere civico vivere l’orgoglio della propria identità e diversità. Possono essere stati anche ‘vani’ più di una volta nel corso della loro lunga storia i senesi, ma hanno saputo tramandarsi di generazione in generazione un ottimismo di fondo che consentiva una competizione positiva.
Non posso qui entrare nei dettagli delle molte vicende che andrebbero ricordate (e che sono state ricordate). Si può solo esprimere un auspicio finale: che la faziosità non metta ostacoli al libero dispiegarsi delle forze cittadine. Che si superi la sopravvenuta, mortale, ottusità degli ultimi anni, che ricordano troppo per alcuni versi quelli drammatici che portarono al crollo della Repubblica.
Che si possa ancora una volta dire, quindi, adattando altri versi scritti nel 1925 per il MPS: “Città…nei tuoi forzieri ognun si rinsangui per la tua grande prodigalità”.

Mario Ascheri