“Lo sai che ti dico? Oggi, ‘unn’è Sant’Ansano”.

“Ansano! Ansano! Per l’amor di Dio, Ansanino ci vieni qui!?”

“Ovvìa, arrivo! A una certa età ‘un si può mica piglia’ a corsa eh… Che c’è? Berci nemmeno fosse il 2 di luglio”.

Così, dal paradiso senese, si sente vociare due figuri cari alla città del Palio: una donna, magra e vestita con i colori della balzana e un uomo, tutti in ghingheri, perché oggi è la sua festa.

“Ansanino guarda, guarda che buriana c’è al piano di sotto. ‘Un ci si capisce più nulla! Dovevan’ esse’ diciassette, poi allora so tredici sole, poi però c’è chi s’è inbuzzito perché invece di quattro dovevano esse’ tutte… Conta quelli, sottrai quell’altri, alla fine ci vanno in sessantotto!”

E il Santo Patrono, un po’ rincoglionito dalle chiacchiere della collega, non c’ha capito un granché di tutti questi numeri, tanto meglio affacciassi e butta’ un occhio a quei rimbecilliti, laggiù, che ultimamente pare abbian perso la strada di società.

“Ma che ti lamenti! ‘Un lo vedi che bellezza tutti quei colori, ci so’ i tamburi arrivano fino a qui e guarda, guarda in Duomo quanta gente, secondo me ci stanno fitti come le penne di nana. Guarda: la Civetta, il Bruco, la Tartuca, il Nicc… O il Nicchio dove l’hanno infilato!?”

“Maremma zucchina, Ansanino, ora me lo fai di’! Guarda bene, ‘un lo vedi che mancano in quattro? Il Nicchio, la Torre, il Montone e l’Onda. ‘Un ci so’! Niente bandiere, niente tamburi, ‘un lo vedi ci so’ i buchi nel mezzo? ‘Un so venuti”.

“Gli si so ammalati l’alfieri?”

“Noe, ovvìa! O che sei di Bucine? ‘Un lo sai? Tra qualche giorno, so tutti in tribunale”.

“Gnamo via ‘un di’ bischerate, a forza di rimane’ al buio t’è partito il lume”.

“Ascolta un po’ino, a me sembra qui l’unico rincoglionito sei proprio te! Ma ‘un lo sai? Se le so’ date in Piazza”.

“Eh, e quindi? Se le so’ sempre date. Anzi, ultimamente mi sembra un po’ addormentati…”

“Ci credo! L’hanno portati tutti davanti al giudice. So’ volate du’ briscole e pare che qualcuno l’abbia ripresi con quei cosi… Come si chiamano… gli smartphone”.

“Eh tanto ora è tutto smart”.

“Ma la fai finita! ‘Un l’hai capito che il 4 dicembre c’hanno l’udienza?”

“Ma come… E quindi ‘un so’ andati in Duomo? Ma oggi è Sant’Ansano, è Santo me medesimo, s’apre l’anno contradaiolo, si va’ tutti a festeggiare. No via, fai qualcosa, torna a parla’ col Papa!”

“Sie col Papa! Qui bisognerebbe fa’ ma una bella assemblea”.

“Ma scusa eh… e quell’altri?”

“O che ne so’ Ansanino… Quell’altri so’ tutti lezzi, però io ‘un lo so’ mica che è successo. Ti ricordi nel ’66, quando  arrivarono tutti in Piazza a bandiere spiegate? Ecco, io m’aspettavo una cosa del genere. Capisco che i tempi so’ cambiati, che ora c’hanno Facebook e tutta quell’altra roba, però…”

“Che c’hanno!?”

“Lascia stare… Insomma, qui mi sembra un bel — ‘un lo posso di’ quel che mi sembra, però guarda c’ho il cuore diviso a mezzo. A parte i diretti interessati, nessuno s’è mosso dal sofà”.

Allora, con l’occhi lucidi e la bocca piegata in un broncio, San’Ansano guarda in basso, lascia correre lo sguardo sui tetti freddi dell’inverno senese, fa’ un giro di Piazza, accarezza le cime della cattedrale e una lacrima gli sfugge, bagnando quel giorno di tristezza. In cuor suo, però, il babbo di Siena si domanda se sarebbe cambiato qualcosa. Se una Cattedrale vuota avrebbe smosso gli animi di chi decide. Di certo, quel che più gli raggrinza l’anima è che la parola ‘Consorelle‘… ha perso il suo sapore.

“Lo sai che ti dico, Caterina? ‘Unn’è Sant’Ansano, oggi”.

Chissà, se lo sarà di nuovo, un giorno.

Arianna Falchi