La mostra su Salvador Dalì fa riaprire il Palazzo delle Papesse: vendita vicina per Bankitalia?

Aprirà il 18 settembre e durerà un anno la mostra su Salvador Dalì che permetterà dopo 12 anni la riapertura del Palazzo delle Papesse, in via di Città.
Degna di nota è proprio la location: il prestigioso immobile è di proprietà di Bankitalia ed è stato, per un decennio, la sede dell’arte contemporanea a Siena; qui si riunivano i salotti buoni, amanti dell’arte e della cultura. Poi la chiusura nel 2008 e il tentativo, da parte della Banca d’Italia, di vendere il palazzo. Varie vicissitudini, qualche ristrutturazione, poi un tentativo rinnovato all’inizio del 2020 ma che ancora, magari anche a causa del Covid-19, non ha trovato riscontri. Eppure, potrebbe esserci alla base dell’accordo tra la società Dalì Universe e Bankitalia – accordo che prevede affitto simbolico del palazzo per l’organizzazione della mostra – una compravendita a sei zeri che permetterebbe alla Banca d’Italia di dismettere lo splendido palazzo rinascimentale in via di Città.

Niente di certo ma la risposta che, a precisa domanda, ci viene data da Ferruccio Carminati, business developer della Dalì Universe, lascia più di uno spiraglio aperto a questa ipotesi: “sì, ne abbiamo parlato” ci risponde.

Perché è lecito domandarsi quale sia l’interesse di una società specializzata in Salvador Dalí – diretta da Beniamino Levi, mercante d’arte e collezionista italiano che ha lavorato con l’artista negli anni ‘60 – che gestisce una delle più grandi collezioni private di opere d’arte di Dalí al mondo e che in tutto il mondo organizza mostre ed eventi sull’artista spagnolo, a una piccola città come Siena. Dal momento che lo stesso Carminati aveva precisato più volte, al telefono, che la società guarda ovviamente ai grandi numeri e alle grandi capitali del mondo. Ovviamente sono i numeri che interessano una società quotata in borsa e Siena sembra avere quel flusso che interessa. L’eventuale acquisto del Palazzo delle Papesse, potrebbe dunque diventare plausibile in virtù di una scelta della società presieduta da Levi che potrebbe trovare in Siena una nuova Montmartre, una nuova Parigi, unico luogo in cui le opere hanno una mostra permanente.

Ma veniamo alla mostra su Salvador Dalì, fortemente voluta e promossa dalla capogruppo della Lega in consiglio comunale, Eleonora Raito e appoggiata in seguito dalla giunta: “L’ho voluta tanto, recandomi personalmente sia a parlare con la Dalì Universe che con la Banca d’Italia. Entrambi i soggetti sono stati entusiasti. Le opere sono tutte originali e catalogate, Salvador Dalì aveva deciso tutto ed è tutto scritto in un contratto segretissimo siglato tra lui e Levi oltre che dalla moglie di Dalì, Gala”.

Raito è stata quindi la persona che ha voluto portare la mostra su Dalì “quale città più surrealista di Siena?” aveva detto in una intervista a Siena Tv. Così la mostra, che sarebbe dovuta iniziare in primavera (ma l’emergenza sanitaria ha fatto slittare tutto), aprirà il 18 settembre. Tra l’altro mentre a Matera è ancora in corso una esposizione analoga. Saranno esposte circa 200 opere di proprietà privata, appartenenti appunto a Beniamino Levi, uno dei più grandi collezionisti al mondo di Salvador Dalì. La mostra si concentrerà sopratutto sulle opere scultoree in bronzo, ma non mancheranno le paste di vetro, gli acquerelli e altre opere dell’artista spagnolo figura di spicco del Surrealismo.

 

Non sono mancati i servizi pungenti da parte di prestigiosi e autorevoli quotidiani nazionali e internazionali, a cominciare dal Guardian che aveva pubblicato un lavoro approfondito sul modus operandi della società. E la stessa Fondazione Dalì, che nulla ha a che vedere con la DalìUniverse, più volte ha attaccato la società e messo in discussione l’originalità delle opere che in gran numero si trovano in ogni parte del mondo ma, soprattutto, sono prevalentemente sculture in metallo realizzate su opere dipinte dall’artista. Tanto che proprio la Spagna aveva annullato, alla fine, la mostra sull’artista organizzata dalla società, per non incorrere in gaffes ‘in casa’.

A chiarire la questione è lo stesso Carminati, che al telefono ci spiega nel dettaglio come stanno le cose: “Esiste un contratto per l’acquisto dei diritti su alcune opere di Dalì – spiega – e ciò che succede è, a livello giuridico, del tutto lecito e in buona fede: soltanto per i metalli possiamo fare questo discorso ovviamente: l’artista è il padrone assoluto dell’opera e Dalì si è accordato con Levi poi con un doppio contratto con la compagna dell’artista, Gala per realizzare una tiratura per X numero di sculture fatte a regola d’arte in una fonderia. Una, è un pezzo unico. Entro 12 sono pezzi originali, dopo si chiamano multipli. Non copie o riproduzioni, sarebbe come definirli falsi. Questi contratti durano 70 anni dalla morte dell’artista, entro questo tempo l’acquirente ha diritto a produrre i numeri che vuole. Trascorso questo tempo, non ne avrà più l’esclusività. Basti guardare a Il pensatore di Rodin… ce ne sono 82 nel mondo. Dal dopoguerra arrivata la regola della numerazione e questa, infatti, esiste in ogni opera appartenente a Beniamo Levi”.

La mostra è attesa dal pubblico “a breve partiremo con la pubblicità – dice Carminati – si tratta di un’operazione tra privati, il Comune potrà così vantare una bella mostra a costo zero ma ho in mente due nuove idee ma i realizzate in Europa che renderanno la città surrealista. Intanto ci sarà la collaborazione con l’Osservatorio Astronomico dell’Università di Siena e durante il periodo più fermo per il turismo punteremo molto sulla didattica per studenti di ogni età. Assumeremo inoltre una quindicina di persone formate sul posto, le abbiamo trovate grazie al passaparola. Da marzo prenderanno vita nuove idee”.

Katiuscia Vaselli

 

 

Foto Dalì Universe